È il fondatore della fenomenologia, che studia il rapporto tra il soggetto e il reale.
Critica lo psicologismo, sostenendo che la logica si occupa delle connessioni tra oggetti ideali, indipendenti dalla soggettività psichica.
Il compito della filosofia è quello di chiarificare nell’esperienzaimmediatamente evidente i concetti logici fondamentali.
Nasce così la fenomenologia, che descrive gli atti e i vissuti di coscienza, nei loro aspetti invarianti ed essenziali.
La coscienza si caratterizza per il suo riferirsi al reale (intenzionalità), per il quale non cogliamo solo le nostre modificazioni soggettive, ma anche la realtà nel suo manifestarsi immediato ed evidente.
La cosiddetta svolta trascendentale utilizza l’epoché per compiere la riduzione fenomenologica, che coglie le “forme pure” dell’esperienza, mettendo da parte quanto non è dato con evidenza immediata
Gli oggetti sono delle unità di senso che si costituiscono nell’esperienza e l’intenzionalità diventa il rapporto tra il noéma(l’oggetto visto come il senso correlato agli atti) e la noési (la soggettività cosciente).
Per Husserl l’atteggiamento fenomenologico è il vero atteggiamento filosofico: dinanzi alla crisi del sapere va ricercato un senso globale, che solo la ragione filosofica può additare alla storia umana.
Scheler interpreta la fenomenologia come un procedimento di rinuncia alla volontà di dominare il mondo per fini pratico-soggettivi, per aprirsi alla contemplazione di- sinteressata dell’essere.
In particolare, analizza il mondo dei valori e gli atti emozionali, o sentimenti, che ce lo dischiudono.
Elabora una concezione etica fondata su due tesi: 1. i sentimenti sono dotati di una loro specifica “intenzionalità”; 2. il mondo dei valori si presenta gerarchizzato in valori inferiori e superiori, negativi e positivi
La persona è il centro unitario e individuo di atti intenzionali di ogni tipo, è l’unica sede dei valori morali ed è essa stessa il valore più alto.
In quanto centro di atti spirituali, come tali inoggettivabili, la persona è inoggettivabile e può essere conosciuta solo tramite gli atti della simpatia.
Hartmann rilancia la necessità di un’ontologia, sostenendo che la filosofia non può prescindere da “una descrizione fedele dei fenomeni”, svelando e risolvendo le contraddizioni interne del reale. La gnoseologia ha pertanto un compito determinante, configurandosi come “relazione trascendente” tra soggetto e oggetto.
Da ciò Hartmann fa derivare la sua ontologia critica (in cui la sfera del pensiero va distinta da quella dell’essere reale e dell’essere ideale), che deve giustificare l’oggettività degli enti esterni alla coscienza. Inoltre stabilisce che la realtà è possibile e necessaria nella misura in cui è “effettuale”, cioè è capace di determinare il reale. Poiché la realtà è necessaria per il fatto stesso di darsi in un modo determinato, anche la libertà di scelta risulta impossibile.
Il mondo dei valori è dunque un insieme di entità ontologiche che stanno in sé, indipendenti dal soggetto, che ne diventa consapevole attraverso un sentimento immediato.
In Essere e tempo Heidegger si propone di elaborare il problema ontologico a par tire dall’interrogazione delle modalità fondamentali dell’esserci (il modo di essere proprio dell’uomo): l’ontologia sarà innanzi tutto un’analitica dell’esistenza.
L’esistenza è caratterizzata essenzialmente dalla capacità dell’uomo di andare oltre se stesso verso il mondo, che è il luogo in cui egli si “prende cura” delle cose e degli altri uomini.
L’uomo può così decidere per una forma inautentica o autentica dell’esistenza, in cui decide le proprie possibilità, a partire da quella “incondizionata e certa” della morte
Proprio perché l’esistenza è possibilità, si determina e progetta nella dimensione temporale, cosicché l’orizzonte in cui si inscrive l’ontologia è il tempo.
Il pensiero successivo di Heidegger mette in crisi l’analitica dell’esistenza: l’essere non coincide con gli enti e non lo si può raggiungere neppure interrogando quell’ente privilegiato che è l’uomo.
Infatti il linguaggio razionale della metafisica occidentale è insufficiente nel determinare la differenza ontologica, ossia la differenza tra ente ed essere.
Il problema della differenza è collocato in un evento appropriante, in un itinerario di pensiero che pensa l’essere a partire dal suo stesso luogo d’origine, che mentre si rivela si nasconde nell’ente.
Heidegger denuncia il modo in cui l’uomo occidentale ha esercitato il proprio primato sugli enti naturali, trasformandoli e impiegandoli sistematicamente a proprio vantaggio (la tecnica).
Alla forma meramente tecnica di applicazione della scienza Heidegger oppone il pensiero meditante, per cui l’uomo può parlare solo in quanto ascolta il linguaggio dell’essere
Le ultime opere di Heidegger sottolineano l’importanza della riflessione sull’arte e sul linguaggio, definito “la casa dell’essere”
Secondo Jaspers si può riguardare la totalità dell’essere sotto due profili: “oggettivamente”, come fa la scienza, e “trasversalmente”, come fa la filosofia.
In quelli che la scienza intende come “dati”, la filosofia coglie le “cifre” di un’ulteriorità, che sempre ci supera e sempre ci “richiama”
Ciò dipende dal fatto che l’esistenza umana è sempre “situata” e come tale può aprirsi all’essere da un solo punto di vista, senza mai poter giungere a un completamento di senso
Jaspers chiama fede filosofica questa apertura all’essere, che è annunciata come irrevocabile nella modalità dello scacco esistenziale, nelle situazioni limite, prima fra tutte la morte.
La cognizione dello scacco non deve tuttavia essere una resa: la trascendenza, pur non essendo colta in se stessa, viene però avvistata nell’immanenza.
Sartre considera il mondo come l’in sé e la coscienza come il per sé, mai definita, sempre libera, perché capace di trascendere la realtà fattuale, progettando scopi o valori
Sartre considera il mondo come l’in sé e la coscienza come il per sé, mai definita, sempre libera, perché capace di trascendere la realtà fattuale, progettando scopi o valori
L’avvicinamento al marxismo suggerisce a Sartre una revisione della sua prospettiva: l’uomo è capacità di trasformare con la prassi la situazione che lo condiziona, alla luce di un progetto di liberazione
Il motivo di fondo del pensiero di Merleau-Ponty è l’esistenza quale essenza dell’uomo, concepita dialetticamente come l’incessante ripresa della situazione di fatto, che può essere però sempre modificata dalla libertà umana.
Il senso dell’esistenza si rivela solo nell’essere nel mondo dell’uomo, che è tuttavia opaco perché la libertà umana si esplica in un limitato campo di possibilità
L’ambiguità dell’esistenza nasce dal fatto che la libertà dell’uomo si rivela l’altro lato del suo essere conficcata nella vita sensibile della percezione
Merleau-Ponty elabora unafenomenologia dell’esperienza del corpo animato e parlante: i gesti muti della percezione, così come i fenomeni originari della vita sensibile dischiudono la fonte spontanea del senso.
Approfondisce la sua interpretazione fenomenologica del linguaggio aprendosi allo strutturalismo: il senso che promana dai segni linguistici non è solo frutto dell’intenzione consapevole del soggetto ma ha anche un’origine intrinseca al linguaggio stesso.
Marcel polemizza con le filosofie razionalistiche, per le quali è possibile comprendere la realtà tutta e l’uomo stesso attraverso concetti e definizioni logiche.
All’origine di questo atteggiamento sta la scissione illegittima tra soggetto e oggetto, dei quali deve essere invece recuperata la profonda unità, a partire da ciò che è più vicino a me, dal mio corpo.
Il rapporto di coinvolgimento tra me e il mio corpo è il segno della situazione fondamentale dell’uomo, l’esistenza o “incarnazione”, a partire dalla quale ci si pone la domanda sul significato dell’essere
L’essere non è un problema ma un mistero, che richiede di essere riconosciuto come qualcosa che ci supera e a cui dobbiamo prestare ascolto.
Wittgenstein non condivide l’interpretazione neopositivista del suo Tractatus logico-philosophicus, letto come la riduzione della filosofia alla logica.
Il suo intento è piuttosto quello di mostrare che la formulazione dei problemi filosofici “si fonda sul fraintendimento della logica del nostro linguaggio”. Allora la pretesa di esprimere i valori dell’estetica e della morale mette capo a proposizioni prive di senso.
Ciò non comporta una svalutazione nichilistica della metafisica e della morale: per Wittgenstein ciò che più importa non si può dire, perché i limiti del linguaggio sono i limiti stessi del mondo
Proprio la riflessione sul linguaggio induce Wittgenstein a una revisione delle tesi del Tractatus.
Il linguaggio è in realtà intessuto di pratiche e di sensi eterogenei: Wittgenstein chiama giochi linguistici quelle famiglie di espressioni che governano il parlare degli uomini. La “sensatezza” che il Tractatusravvisava nelle proposizioni rispecchianti i fatti del mondo è ora estesa ai vari giochi linguistici che gli uomini praticano.
Inizialmente per Schlick il significato di un enunciato consiste nel suo riferimento a un fatto o a un dato empirico. Dopo la lettura del Tractatus di Wittgenstein si orienta verso la questione delle condizioni di significanza per gli enunciati e verso il problema della struttura e del fondamento della conoscenza scientifica.
Egli enuncia il principio di verificazione empirica degli enunciati, che porta a riconoscere come prive di senso gran parte delle proposizioni della filosofia tradizionale e risolve la filosofia nell’analisi del linguaggio delle proposizioni scientifiche.
Procede, inoltre, alla chiarificazione dei concetti etici per liberare anche il mondo morale da espressioni e questioni senza senso.
Nella Costruzione logica del mondoCarnap vuole ricostruire razionalmente la realtà a partire da alcuni concetti fondamentali, che corrispondono ai dati immediati, elementi vissuti ed elementari dell’esperienza.
In seguito abbandona il riferimento a questi dati elementari, affermando che ciò da cui parte la scienza sono gli enunciati protocollari, proposizioni convalidate da dati sottoponibili a un rigoroso controllo intersoggettivo.
Non esiste un unico linguaggio valido, ma tanti quanti se ne vogliono elaborare in base a determinate regole sintattiche (principio di convenzionalità).
Carnap abbandona la verificabilità come unico criterio di significanza degli enunciati, sostituendola con un requisito più debole: la confermabilità.
Nelle opere successive liberalizza ancora di più le proprie posizioni, affermando che il linguaggio è un sistema di atti e comportamenti, il cui significato si determina in relazione a ciò che i soggetti intendono esprimere (semantica).
Si diffonde nella prima metà del ’900 in Inghilterra, Stati Uniti e paesi scandinavi, e, a partire dagli anni 70, nel resto d’Europa.
La filosofia analitica non ha costituito una scuola, ma si è raggruppata attorno a uno stile di indagine e di scrittura, a un generale atteggiamento metodologico.
Con I principi della matematica Russell tenta di derivare tutta la matematica pura da un piccolissimo numero di concetti logici fondamentali.
Enuncia una nuova teoria della descrizione, che gli permette di esaminare tutte le proposizioni esclusivamente sotto il profilo linguistico, in vista della costruzione di una lingua perfetta.
Considera la scienza il modello della conoscenza certa, a cui si contrappone la conoscenza vaga e contraddittoria del senso comune. Individua dei postulati, implicitamente accettati dalla scienza e dal senso comune, ma di cui è impossibile una dimostrazione filosofica certa.
Secondo la sua teoria dell’atomismo logico il mondo è costituito da fatti atomici, descritti cioè in proposizioni atomiche non ulteriormente scomponibili, le quali, a loro volta, mediante le leggi della logica, vengono unite in proposizioni complesse, che riflettono le strutture complesse della realtà.
Moore afferma il carattere descrittivo dell’etica, che si esplica nell’analisi dei significati delle proposizioni etiche, in particolare del concetto di bene.
La fallacia naturalistica è l’errore fondamentale di tutti i “naturalismi etici”, che riducono la nozione di bene, di per sé indefinibile, ad altre nozioni.
Gli asserti etici sono veri o falsi, ma non si riferiscono però a realtà conoscibili empiricamente. Per sapere come dobbiamo agire non dobbiamo chiederci quali regole dobbiamo seguire, ma concentrarci sui prevedibili effetti immediati delle nostre azioni.
Ryle propone la revisione e chiarificazione di certe espressioni del linguaggio ordinario, la cui forma grammaticale non corrisponde alla struttura dei fatti che descrive.
Il compito della filosofia è tracciare la mappa corretta delle categorie a cui i concetti appartengono, in un costante impegno di chiarificazione e precisazione.
Austin in Quando dire è farericonosce nel linguaggio ordinario l’esistenza di espressioni esecutive, o performative, accanto alle espressioni descrittive o constatative
Successivamente si concentra sul singolo atto linguistico nel quale individua l’aspetto locutorio, illocutorio e perlocutorio.
Diffusa inizialmente nella prima metà del ‘900 in Inghilterra, Stati Uniti e paesi scandinavi, la filosofia si è sviluppata grazie ai contributi di L. Wittgenstein, del positivismo logico centro-europeo e delle analisi del linguaggio ordinario. Gli autori che si rifanno a questo indirizzo non costituiscono una “scuola” in senso proprio, ma hanno in comune uno stile, sia di indagine sia di scrittura, e un atteggiamento metodologico generale: preferiscono le chiarificazioni minuziose piuttosto che teorie generali, mirano alla chiarezza e al rigore, argomentano sempre in modo serrato e controllabile, con stile sobrio e uso di esempi tratti dalla vita quotidiana
Frege fu in vario modo maestro e interlocutore principale di filosofi quali B. Russell, G. Peano, E. Husserl e L. Wittgenstein. Il suo programma di ricerca consistette in una fondazione rigorosa e definitiva della matematica, di cui affermò la componente linguistica. Suoi principali temi: l’irriducibilità della logica alla psicologia; l’idea che una parola abbia significato solo nel contesto di un enunciato; la definizione di pensiero come senso di un enunciato; e soprattutto la distinzione tra senso (Sinn) e significato inteso come riferimento (Bedeutung)
Alla luce anche dei “giochi linguistici” chiarificati da Wittgenstein, si considera la struttura molto complessa del linguaggio, della quale l’elemento descrittivo e quello logico-formale costituiscono solo una parte, e nemmeno quella principale. Gli analisti ritengono che il linguaggio ordinario sia molto spesso usato non per descrivere, ma secondo regole e convenzioni atte a conferire un preciso significato ai rispettivi termini: a tali regole d’uso dovrebbe rivolgersi l’analisi filosofica.
Bernstein respinge la previsione di Marx del crollo del sistema capitalistico, sostenendo l’opportunità di una strategia di riforma sociale non rivoluzionaria (revisionismo).
Kautsky, il massimo teorico della dottrina marxista ortodossa, sostiene la necessità del passaggio dal capitalismo al socialismo da attuarsi mediante la dittatura del proletariato.
Gramsci interpreta il marxismo come una filosofia della prassi, rivendicando l’irriducibilità del sapere sociale a quello naturale. La prassi comprende sia la globalità dell’azione umana nel mondo storico, sia la trasformazione rivoluzionaria della realtà, mediante l’egemonia politica e culturale del partito operaio
In Storia e coscienza di classe Lukács recupera la dialettica marxista e sostiene la radicale diversità della realtà umana da quella naturale. Grazie alla mediazione del partito, il proletariato raggiunge la coscienza di sé come coscienza di classe e può accedere dialetticamente alla visione della totalità dei rapporti sociali.
Riconosce all’arte un carattere di liberazione, perché crea un mondo che corrisponde alle aspirazioni dell’uomo.
In Ontologia dell’essere sociale tenta la costruzione di un’ontologia come fondamento a una rinnovata etica marxista.
Bloch delinea il suo percorso teorico di fondo come viaggio alla ricerca del sé attraverso un rapporto autentico con gli oggetti dell’esperienza, primi fra tutti gli eventi artistici e musicali. Ne emerge una definizione dell’essere come utopia, quale impulso etico verso un “regno dell’uomo” in cui le aspirazioni socialiste sono mediate con una forte impronta messianica.
Nel Principio speranza mette in atto il suo metodo di indagine fenomenologica della vita umana per disvelare la struttura costitutiva dell’uomo quale “coscienza anticipante” nell’orizzonte dell’utopia.
La scuola di Francoforte è la denominazione di un gruppo di intellettuali legati all’Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, di cui il filosofo Horkheimer è il direttore. L’avvento del fascismo e del nazismo, l’esito repressivo del comunismo sovietico e del capitalismo odierno, lo sviluppo della società industriale avanzata sono temi costanti della riflessione della scuola di Francoforte.
Il contributo fondamentale della scuola è una teoria critica della società contemporanea, tale da evidenziare le contraddizioni della società in vista di una sua trasformazione.
Horkheimer in Eclisse della ragione denuncia lo smarrimento della ragione “oggettiva o classica”, a favore della ragione “strumentale”, che si è rovesciata in strumento di dominio dell’uomo sull’uomo. In Teoria critica della società indaga i meccanismi del consenso e della formazione dell’opinione pubblica manipolata dai sistemi di propaganda con gli strumenti della psicologia e della psicoanalisi.
Adorno contesta la società esistente in quanto caratterizzata dal primato del profitto come fine supremo, dalla conseguente trasformazione degli uomini in concorrenti e nemici, dal dominio dei mass media.
In Dialettica dell’illuminismo(in collaborazione con Horkheimer) sviluppa il tema dell’asservimento dell’uomo alla società industriale, individuando nella razionalità finalizzata al controllo della natura l’origine dei rapporti sociali di dominio.
Per Adorno l’arte assume un ruolo di contestazione della società esistente.
In Dialettica negativa insiste sull’irrazionalità e le contraddizioni della realtà, negando l’identità di ragione e realtà e le pretese della filosofia di giustificare l’esistente.
In Eros e civiltàanalizza le cause della repressione dell’uomo contemporaneo: la dinamica conflittuale soggettiva, individuata da Freud fra “principio del piacere” e “principio della realtà”, viene esasperata e addizionata dalla repressione sociale e dal “principio della prestazione”.
Nell’Uomo a una dimensione analizza la civiltà industriale avanzata, riconoscendo la sua caratteristica principale nella forma di autoritarismo in cui apparentemente tutto è possibile e a tutti è concessa la massima libertà, svuotata però di ogni effettivo contenuto (tolleranza repressiva)
Schmitt propone una concezione del diritto in cui il momento della “decisione” è il fattore centrale e costitutivo dell’ordine sociale e giuridico (decisionismo giuridico).
La categoria del rapporto “amico-nemico” è il criterio di individuazione del politico, perché la relazione politica originaria è una relazione di associazione e dissociazione basata su motivi di difesa dell’esistenza e dell’identità.
L’orientamento di fondo del pensiero di Hannah Arendt è il tentativo di rifondare la politica, partendo da un’analisi del totalitarismo. Il totalitarismo è una forma di dominio completamente nuova, che attraverso la deresponsabilizzazione e l’irregimentazione dell’individuo, ha come scopo la tra- sformazione dell’uomo in “automa” e dei gruppi sociali in “masse”.
Alla spoliticizzazione dell’agire nel mondo moderno contrappone il modello ideale della pólis greca, dove gli uomini entrano in relazione fra loro attraverso l’azione, che è il dedicarsi degli uomini al bene pubblico. Il compito principale della filosofia è ripensare il concetto di agire per restituire al pensiero il legame con il mondo.
Nella sua ultima produzione indica come indispensabile anche il giudizio, quale momento di sintesi fra pensiero e azione e dialogo con se stessi.
Rawls è l’iniziatore del neocontrattualismo, dottrina con cui rielabora l’idea di contratto sociale per giustificare i principi di giustizia.
Elabora una teoria della giustizia come equità, che identifica i principi su cui i membri della società potrebbero ragionevolmente accordarsi per regolare la “struttura di base” della società.
La giustizia come equità è costruita attraverso la procedura ipotetica della “tavola delle trattative” fra parti contraenti per stabilire principi di giustizia adeguati a regolare la convivenza * Libertà: l’uguale ammontare di libertà; * Distribuzione degli altri beni: una distribuzione degli altri beni non totalmente ugualitaria, ma accessibile a tutti per merito.
Il compito dell’etica è costruire una articolata concezione dei principi fondamentali a cui ispirare i nostri giudizi, non scoprire verità trascendenti su un ordine morale indipendente (“costruttivismo”).
Rawls riformula la sua concezione della giustizia come liberalismo politico, che trae la sua giustificazione dal “consenso per intersezione” fra diverse concezioni morali.
Lévi-Strauss assume come guida della sua indagine antropologica il concetto di struttura, quale “sistema di relazioni latenti nell’oggetto”.
L’antropologia si deve ispirare alla linguistica, nel presupposto che si dia una stretta corrispondenza tra sistemi sociali e sistemi linguistici.
Rifiuta l’idea di un’evoluzione lineare della cultura e la stessa idea di società “primitiva”, perché presuppone arbitrariamente la verità esclusiva dei valori occidentali.
Applicando la linguistica strutturale allo studio dei miti, enuclea una grammatica generale dei miti, in cui centrale è la nozione di mitema, quale entità minima significativa del mito.
Althusser cerca di cogliere la specificità del pensiero di Marx e ne rifiuta ogni lettura “umanistica” e “storicistica”
Con l’espressione rottura epistemologica indica la svolta con cui Marx avrebbe abbandonato le categorie, centrate sull’uomo, delle opere giovanili, sostituendole con altre (struttura, rapporti di produzione ecc.), che rendono possibile una conoscenza scientifica della storia.
Lacan inaugura un nuovo modello psicoanalitico influenzato dallo strutturalismo, che valorizza l’inconscio, a cui attribuisce una natura essenzialmente linguistica, che può essere analizzata in termini di linguistica strutturale.
Sottolinea il rapporto arbitrario fra significante e significato, che rende alienante l’ingresso dell’uomo nella società e nella cultura, perché i significanti culturali sono lontani dai loro originari significati biologici e pulsionali.
Foucault propone una destrutturazione dei sistemi di sapere della modernità e, mediante un’indagine sull’“archeologia” delle teorie, giunge ad affermare che le scienze strutturaliste implicano la scomparsa dell’uomo quale soggetto e oggetto del sapere
In un secondo momento s’interessa al tema del potere, indagando le modalità con cui questo s’intreccia al sapere.
Infine si dedica al tema della sessualità e al tentativo di individuare una nuova idea di soggettività.
La tesi centrale di Popper è che la conoscenza umana è incerta, poiché non vi sono verità evidenti su cui poterla fondare.
Le teorie scientifiche sono quindi solo dei tentativi di descrizione vera del mondo, la cui pretesa di verità non può però in alcun modo essere provata.
La razionalità, pertanto, non è più alla ricerca della certezza ma diviene critica con il compito di individuare i limiti e gli errori delle teorie.
Tutte le teorie sono fallibili e criticabili, ma solo le teorie scientifiche possono anche essere empiricamente falsificate.
Perciò solo nella conoscenza scientifica la razionalità critica, grazie all’uso congiunto della logica e dell’esperienza, riesce a esplicarsi nel modo più completo: la conoscenza scientifica è la miglior forma di conoscenza e la razionalità scientifica il miglior esempio di razionalità umana.
In ambito politico Popper rifiuta il modo di pensare olistico, che considera la società come un “tutto unico” e finisce per costituire un forte supporto per le ideologie totalitarie; propone l’estensione alla politica dell’atteggiamento razionale della scienza, adottando la pratica di interventi sempre limitati e fallibili.
Kuhn delinea un modello non “cumulativo”, ma “rivoluzionario” dello sviluppo scientifico, che avviene attraverso il passaggio da un paradigma a un altro, allorché il paradigma accettato accumula una serie di “anomalie” nel suo tentativo di dar conto del comportamento della natura.
Paul Feyerabend critica le metodologie delle teorie epistemologiche giungendo a una radicale posizione contrometodologica, detta anarchismo metodologico. Egli sostiene che non vi è alcun metodo generale a governare la costruzione e lo sviluppo della scienza, perché essa si avvale di volta in volta delle regole che ritiene più opportune. È quindi impossibile distinguere fra scienza e non scienza e affermare che la scienza è la miglior forma di conoscenza.
L’intento di Verità e metodo di Gadamer è quello di stabilire se la verità appartenga esclusivamente all’indagine scientifica oppure se ne esistano altri ambiti di appartenenza.
È nell’esperienza storica, filosofica e artistica che l’uomo è direttamente coinvolto ed entra a far parte dell’evento rivelativo della verità.
L’ermeneutica opera nella continua mediazione tra storia e verità, non giungendo mai al compimento assoluto e risolvendosi in un’analisi continua. La comprensionenon esiste come interpretazione astratta, è sempre legata al processo storico e avviene solo come applicazione.
La comprensione ha sempre luogo nel linguaggio e possiede il carattere della linguisticità.
Ogni interpretazione si evolve in un processo linguistico in atto che prende forma nella storia degli effetti della cosa da interpretare su chi interpreta.
Ricoeur si rivolge al linguaggio simbolico, mitico, religioso, elaborando un progetto di una filosofia guidata dal linguaggio simbolico, nel confronto con la psicoanalisi di Freud.
Al centro della sua riflessione ermeneutica sta la nozione di conflitto delle interpretazioni, mediata con le istanze metodologiche dello strutturalismo.
Si dedica poi all’ermeneutica del testo metaforico, considerando la metaforacome il luogo di produzione di un linguaggio creativo e veritativo.
Infine analizza il linguaggio narrativo, considerato nella prospettiva del fare storia e del raccontare le storie, della convergenza di storiografia e narratività.
Al soggetto, o meglio alla persona, ritorna nella sua ultima opera, in cui considera il Sé dell’uomo come altro da se stesso, come differenza e mistero.
Per Rorty il pragmatismo e l’ermeneutica hanno in comune la sottolineatura della situazionalità del processo di comprensionee della relatività storico-culturale di ogni concezione della verità.
L’oltrepassamento della metafisica avviene quando la filosofia e la cultura rinunciano al loro compito fondativo e si limitano al dibattito sul senso dell’esperienza.
Pertanto alla filosofia “normale” si contrappone una filosofia “rivoluzionaria”, non fondativa e sistematica, tesa a offrire spunti di riflessione.
Ne deriva una filosofia “postfilosofica”, che si accontenta di essere conversazione, saggezza pratica, utopia solidaristica.
Apel individua le condizioni universali e necessarie della comunicazione: la comprensibilità grammaticale del discorso, la verità, la veridicità delle intenzioni del parlante, la conformità alle regole della comunità dei parlanti. Queste regole logiche hanno anche una valenza etica, perché implicano il riconoscimento dell’uguaglianza degli interlocutori.
La comunità illimitata della comunicazione permette il superamento della finitezza dell’esperienza dei soggetti parlanti.
Al paradigma della produzione Habermas contrappone il paradigma dell’agire comunicativo, che si traduce in un’etica del discorso.
Precisa la differenziazione tra mondo della vita (i valori della quotidianità condivisi dalla comunità) e sistema di azioni (i settori che fanno funzionare la società) e vede la causa delle deviazioni patologiche della razionalità nella tendenza dei settori funzionali della società a “colonizzare” il mondo vitale. Il rimedio consiste nell’efficacia delle relazioni intersoggettive rese autonome dai condizionamenti funzionali.
Infine Habermas cerca di connettere l’orizzonte di valore presente nella sua impostazione con il contesto dell’attività pratica.
Mettendo in questione il ruolo della tecnica nel mondo contemporaneo, ha voluto rispondere agli interrogativi più inquietanti sollevati dagli sviluppi estremi e distruttivi della razionalità strumentale.
Attestata l’inadeguatezza delle etiche tradizionali nel rispondere ai nuovi compiti imposti dalle minacce di distruzione dell’ecosfera e di manipolazione del patrimonio genetico degli individui, con la sua “etica della responsabilità” ha inteso proporre un modello di sapere in cui salvaguardia dell’uomo e salvaguardia della natura si intrecciano indissolubilmente.
Stagione del pensiero (letterario, architettonico, filosofico, sociologico) degli anni ‘80 del ‘900 caratterizzata da un complesso rapporto con la modernità basato sulla presenza di una molteplicità di forme di sapere e di giochi linguistici, tutti mutuamente alternativi e incommensurabili, ma nessuno dalla portata universalistica. La società moderna è la società totalmente frammentata e basata su valori puramente contingenti, orientati a criteri di mera operatività.
Autore, con La condizione postmoderna (1979), del vero e proprio manifesto del pensiero della postmodernità, Lyotard ha caratterizzato l’età postmoderna in base al venir meno della forza di coesione e di inquadramento dei tre “grandi meta-racconti”, o “meta-narrazioni” (illuminismo, idealismo, storicismo marxista) su cui si era sviluppata l’età immediatamente precedente. Secondo Lyotard la filosofia contemporanea è chiamata ad adattarsi alla diversificazione, alla pluralità e instabilità come aspetti ineliminabili e costitutivi del reale. In tal senso, con Il dissidio (1983), ha sostenuto la necessità di una razionalità non subordinante e gerarchizzante ma adeguata ai differenti e rispettivi campi di applicazione funzionale.
Portavoce in Italia del pensiero del postmoderno, interprete della critica alla metafisica intrapresa da F. Nietzsche e sviluppata da M. Heidegger, Vattimo, pubblicando la raccolta Il pensiero debole (con P.A. Rovatti, 1983), ha configurato la filosofia come “pensiero debole”, chiamandola ad accettare la perdita del suo ruolo fondativo e a declinarsi quale interpretazione. In questa prospettiva, attorno alla quale è nata una vera e propria corrente filosofica, lo stile di pensiero “debole” deve limitarsi a prendere atto della mortalità dell’essere e a ripercorrere le tappe del suo declinare. Con La fine della modernità (1985), Vattimo ha insistito sulla frammentazione e pluralità del reale, invitando ad accettare remissivamente l’effimericità e instabilità del divenire delle cose e dei valori. Ha così delineato la possibilità di un “nichilismo gaio”, consapevole dell’intera finitudine del senso, rimesso senza nostalgia alla perdita di assolutezza, unitarietà e universalità.
Lévinas contrappone al pensiero della totalità ontologica, che ha dominato la filosofia occidentale, la tesi della rottura della totalità su basi etiche, in virtù dell’appello etico che mi proviene dalla alterità radicale del “volto” altrui.
Il volto è il rivolgersi a me dell’altro con una richiesta impellente di aiuto: è un vero e proprio comando etico originario, che mi rende soggetto responsabile.
Per trovare l’origine ultima del senso è necessario trascendere il piano dell’essere, del pensiero, del “detto”, per risalire a quel “dire” originario con cui il soggetto responsabile si fa prossimo all’altro.
Il volto altrui è traccia dell’infinito, perché Dio “viene all’idea” tramite l’atteggiamento etico del soggetto.
Per Derrida l’intera tradizione filosofica occidentale svaluta il segno scritto, legato all’assenza dell’autore, e privilegia il segno orale, legato alla sua presenza.
La metafisica privilegia la parola perché la considera l’espressione diretta della verità, mentre il segno scritto è inteso come assenza, ossia come una negazione della presenza e quindi della verità.
Convinto che l’idea di presenza sia di per sé già un’illusione, Derrida progetta una decostruzione della metafisica, mettendo in questione le opposizioni concettuali classiche e facendo emergere una nuova prospettiva concettuale irriducibile al sistema di tali opposizioni.
Mostra poi che la definizione del segno scritto è in realtà la definizione di ogni segno, in cui il processo di rinvio è interminabile.
A questo funzionamento del segno dà il nome di différance, che intende la differenza fra segno e segno e il rinvio incessante a cui è sottoposta la presenza della cosa.
Allo scopo di decostruire la metafisica Derrida trasforma la filosofia in una pratica di scrittura aperta alla letteratura e alla psicoanalisi.
Deleuze elabora lo strutturalismo nel senso di un’ontologia che elimina le idee di unità e di totalità a vantaggio di quelle di differenza e di molteplicità.
Contesta la figura tradizionale della ragione che opera in termini di identità a favore di un’affermazione del differente senza totalizzazioni o gerarchie possibili.
Le sue analisi antropologiche sono incentrate sul desiderio come flusso energetico nomade.
Con “intelligenza artificiale” (IA) s’intende l’insieme di studi e tecniche, derivati dall’informatica, che tendono a realizzare sistemi elettronici di elaborazione capaci di risolvere problemi che comunemente rientrano nel dominio dell’intelligenza umana. Gli inizi dell’IA risalgono all’avvento della cibernetica, verso la metà del XX secolo, alle indagini matematiche sulle analogie tra le macchine e gli organismi viventi.
I primi ricercatori intesero simulare l’attività logica del cervello umano riproducendo artificialmente con reti neurali, cioè costruite tramite componenti elettroniche, la struttura cerebrale delle reti di neuroni. Successivamente le ricerche sull’IA si distanziarono da quelle sulle reti neurali: nel caso dell’IA i processi mentali venivano simulati senza riprodurre nell’elaboratore elettronico la struttura fisica del cervello, come invece avveniva nel caso delle ricerche cibernetiche sulle reti neurali.
Il matematico e logico inglese Alan Mathison Turing ideò un computer teorico, la cosiddetta “macchina di Turing”, che simula l’attività di calcolo di un essere umano, in quanto dotata di capacità di leggere simboli di un alfabeto finito e di operare ricorsivamente con essi. Inoltre, grazie alla messa a punto di un test specifico, Turing, e poi con lui molti teorici dell’IA, sostenne che il comportamento intelligente umano è spiegabile in termini computazionali come, inversamente, il comportamento di una macchina può essere definito intelligente
Tra i sostenitori dell’IA vanno ricordati: Marvin L. Minsky, che in La società della mente (1986) ha sostenuto una teoria della mente di tipo connessionistico, e il filosofo Hilary Putnam che in Menti e macchine (1960) ha sostenuto che gli stati mentali possono essere realizzati su sostrati fisico-materiali diversi, organici ed inorganici. Critico in merito all’assimilazione dei due tipi di intelligenza, artificiale e umana, John R. Searle ha inteso dimostrare l’insufficienza di abilità e prestazioni intelligenti per poter definire intelligente una macchina.