La religione cristiana esercita un impatto notevole sulla filosofia tardoellenista, introducendo nuovi concetti quali il monoteismo, la creazione del mondo dal nulla, la centralità dell’uomo, l’imperscrutabilità della grazia divina, il ruolo fondamentale della volontà umana.
L’elaborazione teorica della dottrina cristiana è molto complessa sia per la determinazione esatta dei testi sacri sia per l’edificazione di una visione unitaria e coerente della fede cristiana.
I Padri della Chiesa chiarificano e definiscono il contenuto dottrinale del cristianesimo. A essi viene riconosciuta un’autorità dottrinale e normativa a un livello appena inferiore a quello della stessa Bibbia
La storia dei Padri della Chiesa viene distinta in tre fasi principali: * Padri apostolici (sec. I): come Clemente di Roma, Ignazio di Antiochia, Policarpo di Smirne, in cui prevalgono interessi ecclesiali e morali; * Padri apologisti (sec. II): come Giustino e Tertulliano, impegnati soprattutto in uno sforzo apologetico * Patristica (sec. III-VIII): sistema e razionalizza le verità di fede utilizzando soprattutto l’apparato concettuale del platonismo, come Clemente Alessandrino, considera il cristianesimo come il naturale sbocco della filosofia greca, e Origene, interpreta la Trinità come una gerarchia discendente di chiara impronta neoplatonica
Nei secc. IV e V, i Padri della Chiesa e i primi concili ecumenici sono sempre più impegnati nella definizione delle verità di fede ortodosse in riferimento alla diffusione di eresie (cioè concezioni cristiane non conformi), che negano la duplice natura, umana e divina, di Cristo, sostenendo il prevalere della natura umana su quella divina.
In quest’opera di definizione della fede cristiana si distinguono i padri della Cappadocia. Gregorio di Nissa riconosce in Cristo la natura umana e divina, ribadendo però l’unità di persona. Gregorio di Nazianzo, per dimostrare l’unità di sostanza delle tre persone della Trinità, avvia lo studio delle loro relazioni
Agostino, dopo una giovinezza inquieta sempre alla ricerca della verità, matura sotto la spinta di Sant’Ambrogio l’abbandono del manicheismo e la conversione al cristianesimo
Nel De libero arbitrio Agostino affronta il problema del male, spiegato come assenza di bene, e quello della libertà, concessa all’uomo con il libero arbitrio
Nel De Vera religione afferma la sostanziale coincidenza fra vera filosofia e vera religione.
Nelle Confessioni, accanto a episodi autobiografici, affronta il tema della memoria, ricettacolo dei primi principi della scienza e del desiderio di felicità, e del tempo come “distensione dell’animo”
La polemica contro i manichei lo porta a sottolineare la bontà della creazione, la trascendenza di Dio e quella superiorità dello spirito sulla carne fonte di una dottrina gnoseologica di stampo platonico
Contro il donatismoafferma che la Chiesa è una società visibile, composta di santi e di peccatori, e che l’efficacia dei sacramenti non dipende dalla vita morale di chi li amministra, ma dalla grazia divina che opera in essi.
Contro il pelagianesimo ribadisce la presenza del peccato originale e la necessità della grazia per ottenere la salvezza.
Nel De Trinitate, per spiegare il mistero delle persone divine, chiarisce come le tre persone sussistono in un’unica natura distinguendosi per le diverse relazioni
Nel De civitate Dei traccia le linee di una teologia della storia che vede contrapporsi due città, quella terrena e quella divina, mescolate nella storia ma separate nell’aldilà con il giudizio universale
Le dottrine di Agostino ispirano una corrente di pensiero teologico, filosofico e politico, detta agostinismo, che influenza profondamente il pensiero medievale.
Severino Boezio scrive il De consolatione philosophiae e traduce e commenta i testi logici di Aristotele e Porfirio, assicurando la continuità fra il pensiero antico e quello medievale. In logica tratta diffusamente del problema degli universali, assumendo una posizione di realismo moderato.
Con il termine scolastica si designa il sapere filosofico, teologico e scientifico elaborato in età medievale (sec. VI-XIV), perché nel Medioevo la produzione intellettuale è legata alle scuole
Primo periodo (secc.VI-XI): caratterizzato dall’indagine razionale sulla fede, con l’ausilio della filosofia neoplatonica (G. Scoto Eriugena, Anselmo d’Aosta, P. Abelardo)
Secondo periodo (sec. XIII), segnato dal confronto tra teologia cristiana e metafisica aristotelica, con tre direzioni interpretative: a. Bonaventura da Bagnoregio e la sua scuola respingono l’aristotelismo in favore dell’agostinismo e del neoplatonismo cristiano tradizionale; b. gli averroisti latini (Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia) segono un aristotelismo radicale; c. Tommaso d’Aquinopropone una linea intermedia
Terzo periodo (sec. XIV): cerca nuovi equilibri con lo studio rigoroso dei metodi e dei linguaggi propri delle singole discipline (Guglielmo di Ockham, Marsilio da Padova e Giovanni Buridano)
Giovanni Scoto Eriugena dà un’impostazione neoplatonica alla sua opera più famosa, De divisione naturae, in cui evidenzia l’esistenza di quattro nature o divisioni. Per escludere antropomorfismi, Scoto Eriugena precisa che di Dio possiamo conoscere e dire ciò che non è più che ciò che è.
Anselmo d’Aosta elabora prove a posteriori per dimostrare l’esistenza di Dio, che si reggono su una concezione realistica degli universali. Nel Proslogion propone un unico argomento (l’argomento ontologico) per dimostrare a priori l’esistenza di Dio, “ciò di cui non si può pensare nulla di maggiore”
Pietro Abelardo studia la logica e affronta il problema degli universali, a cui dà una soluzione innovativa, considerando gli universali come parole dotate di significato; applica la logica e la filosofia anche nell’ambito della teologia. In eticasostiene rivoluzionariamente che la moralità degli atti non è la norma esteriore, ma l’intenzione con cui si compie un’azione
La disputa sugli universali, cioè l’essere dei concetti generali, è uno dei temi più dibattuti perché pone il problema del rapporto fra pensiero, linguaggio e realtà. I maestri medievali si chiedono se gli universali esistono come concetti della mente o se esistono anche nella realtà (in quest’ultimo caso, se esistono separati dalle cose o sono nelle cose stesse)
Il realismo estremo (Gugliemo di Champeaux) afferma la realtà sostanziale dell’universale prima e separatamente da ciascun individuo
Il realismo moderato (Boezio, Tommaso d’Aquino) ritiene che gli universali esistano solo negli individui come forma intrinseca
Il nominalismo estremo (Roscellino di Compiègne), sostiene che l’universale non può esistere né nelle cose né nella mente dell’uomo, essendo una pura emissione di voce, senza alcun corrispettivo nella realtà
Il nominalismo moderato, o concettualismo (Abelardo, Gugliemo di Ockham), afferma l’esistenza dell’universale solo nella mente ma non nelle cose
Alberto Magno assimila nella cultura cristiana il pensiero di Aristotele e afferma l’autonomia delle scienze profane e della sperimentazione e la sostanziale differenza tra teologia e filosofia. Nel dibattito sugli universali, assume una posizione di realismo moderato: considera l’anima personale e immortale come l’intelletto attivo, che ne fa parte
Tommaso d’Aquino ritiene che tra ragione e rivelazione non esista conflitto e che la filosofia possieda un’autonomia di oggetto e di metodorispetto alla teologia, che ha però un proprio carattere scientifico
Propone una dimostrazione dell’esistenza di Dio a posteriori, partendo da cinque vie di- verse del dato empirico, che rinviano alla necessità dell’esistenza di un Principio Primo, come condizione ultima della loro possibilità.
Riprende da Aristotele la teoria della conoscenza e la dottrina dell’anima umana co- me forma sostanziale del corpo, che non muore con esso poiché possiede un esse- re autonomo
Giudica incompleta l’etica filosofica di Aristotele, ritenendo la vera felicità appannag- gio della vita eterna, attraverso la visione beatifica di Dio
L’impegno politico deve mirare alla costruzione di una pacifica convivenza tra gli uomi- ni e l’autonomia dell’autorità politica è limitata dall’autorità religiosa
In opposizione all’aristotelismo di Tommaso si pone l’agostinismo. Bonaventura da Bagnoregio, sostenitore della dimensione unitaria di filosofia, teologia e mistica, è rivolto alla ricerca costante di Dio secondo rinvii analogici presenti nel mondo, che guidano il viaggio mistico dell’”itinerario della mente in Dio”
Anche il movimento averroista, che si afferma soprattutto per opera di Sigieri di Brabante, Boezio di Dacia e Giovanni di Jandun, contesta la sintesi tomista in nome di un aristotelismo radicale
Gli averroisti rivendicano la validità filosofica di tesi in contrasto con la dottrina rivelata e sono perciò accusati di sostenere la teoria della “doppia verità”
I maestri di Oxford privilegiano un orientamento scientifico-empirista e sostengono la completa indipendenza della fede dalla ragione
L’interesse per le discipline scientifiche si sviluppa già con Ruggero Bacone, che sottolinea l’importanza, come fonte di conoscenza, dell’esperienza oltre che della ragione, che mai arriva a sciogliere il dubbio.
Giovanni Duns Scoto distingue la teologia in sé (conoscenza dell’essenza divina, propria solo dell’intelletto di Dio) dalla teologia nostra (fondata sulla rivelazione, non dispone della conoscenza diretta dell’essenza divina)
La metafisica si distingue dalla teologia e studia la realtà attraverso il filtro delle categorie ontologiche, riconoscendo nel concetto di ente infinitola nozione più perfetta raggiungibile nell’analisi dell’ente.
L’infinità esprime la più alta perfezione di Dio, conoscibile sulla base della rivelazione; la dimostrazione dell’esistenza di Dio consiste, quindi, nella dimostrazione dell’esistenza in atto dell’ente infinito.
La conoscenza intellettiva dell’uomo si esplica mediante i concetti universali, anche se l’intelletto dispone di una conoscenza intuitiva del particolare
Il passaggio dalla natura universale specifica a quella individuale avviene attraverso l’ecceità, che la rende “questa” forma particolare, realmente esistente
Guglielmo di Ockham vaglia rigorosamente il significato dei termini del linguaggio ed elabora la teoria della supposizione, cioè l’analisi del potere significativo dei termini. Esclude l’esistenza di realtà, o essenze, universali e considera il concetto capace per sua natura di far conoscere le cose individuali
Propone una rielaborazione delle prove a posteriori dell’esistenza di Dio, focalizzata sulla causa “conservante”, ma nega che con la sola ragione si possa “rigorosamente” provare l’unicità, l’infinità e l’onnipotenza di Dio
Nella filosofia della natura applica il principio metodologico, noto come rasoio di Ockham, secondo il quale “non si devono moltiplicare i percorsi (gli enti) senza necessità”
Sostiene che non si può fondare un’etica filosofica autonoma, poiché solo dalla rivelazione sappiamo che esiste un bene infinito, fine ultimo della volontà.
Propone una concezione originale del diritto e dichiara “eretica” la tesi della “pienezza dei poteri”, civile e religioso, del papa
Giovanni Buridano condivide la soluzione di Guglielmo di Ockham al problema degli universali: l’universalità è prerogativa dei concetti nella mente, mentre la realtà è costituita interamente da entità individuali.
Critica la soluzione aristotelica del problema del moto violento, elabora la teoria dell’impetus, considerata un’anticipazione del moderno principio d’inerzia
Marsilio da Padova scrive con Giovanni di Jandun il trattato Defensor pacis, in cui la pace, fine e ragione di esistenza dello Stato, si identifica con la partecipazione nello Stato.
Detentore primo e assoluto del potere di istituire i governanti e di approvare le leggi è il popolo, che normalmente delega la gestione della cosa politica a rappresentanti che garantiscano la vita ordinata e pacifica.
La Chiesa è soggetta allo Stato per le regole della convivenza civile, ma è sottomessa solo a Dio in quanto maestra di morale