La parola insieme indica un raggruppamento di oggetti di natura qualunque pensati come un unico ente; gli oggetti che formano un insieme sono i suoi elementi. Un insieme è finito se si possono elencare tutti i suoi elementi; infinito in caso contrario. Un insieme che non ha elementi si dice vuoto.
Un insieme si può rappresentare:
Si dice che $B$ un sottoinsieme di un insieme $A$ se tutti gli elementi di $B$ sono anche elementi di $A$ e si scrive $B \subseteq A$. In particolare se in $A$ ci sono altri elementi oltre a quelli di $B$, allora $B$ è un sottoinsieme proprio di $A$ e vale la relazione $B \subset A$; se in $A$ non ci sono altri elementi oltre a quelli di $B$ allora $B = A$. L’insieme $A$ stesso e l’insieme vuoto sono i sottoinsiemi impropri di $A$.
Nel caso particolare in cui $B$ è un sottoinsieme di $A$, dell’insieme $A - B$ si dice che è il complementare di $B$ rispetto ad $A$ e si indica con uno dei seguenti simboli: $C_A B$ o $\bar{B}_A$
Valgono poi le seguenti leggi di De Morgan che semplificano a volte l’esecuzione di alcune operazioni:
Si dice che si esegue una partizione di un insieme $A$ se si possono ripartire gli elementi di $A$ in $n$ sottoinsiemi $B_i$ tali che:
Dati due insiemi $A$ e $B$ si definisce poi il prodotto cartesiano $A \times B$ come l’insieme i cui elementi sono tutte e sole le coppie ordinate $(a, \qquadb)$ dove $a$ è un qualunque elemento di $A$ e $b$ è un qualunque elemento di $B$. Il prodotto cartesiano fra insiemi si può rappresentare elencando tutte le coppie che si vengono a formare oppure mediante un diagramma a frecce, mediante una tabella a doppia entrata, mediante un diagramma cartesiano oppure mediante un diagramma ad albero.
Si dice funzione una corrispondenza tra gli elementi di un insieme $A$ e quelli di un insieme $B$ in modo che ad ogni elemento di $A$ sia associato uno e un solo elemento di $B$. Una funzione può quindi essere:
Le corrispondenze biunivoche sono le sole funzioni invertibili.
Una funzione $k$ è il prodotto di altre due funzioni $f$ e $g$, e si scrive $k = g \circ f$, quando la funzione $g$ è applicata agli elementi generati dalla funzione $f$. La funzione $g$, anche se è scritta per prima nel prodotto, è quella che viene applicata per seconda.
I numeri naturali sono quelli della successione 0, 1, 2, 3, 4, 5, … e si indica con $\mathbb{N}$, l’insieme dei numeri naturali privato dello zero si indica con $\mathbb{N}_0$. Le operazioni interne a $\mathbb{N}$ sono solo l’addizione e la moltiplicazione, mentre la sottrazione è possibile solo se il primo numero è maggiore del secondo, la divisione è possibile solo se il primo numero è multiplo del secondo.
L’addizione e la moltiplicazione sono:
La potenza $a^n$, con $n$ numero naturale maggiore di 1, equivale al prodotto $\underset{n \space volte}{\underbrace{a \cdot a \cdot … \cdot a}}$.
Si definisce poi $a^1=a$ e $a^0=1$, mentre non ha significato la scrittura $0^0$.
Valgono le seguenti proprietà:
Se $c= a \cdot b$ si dice che $c$ è multiplo di $a$ secondo $b$; si dice anche che $c$ è divisibile per $a$ e per $b$.
Un numero che è divisibile solo per se stesso e per 1 si dice primo; due numeri che non hanno divisori comuni oltre all’unità si dicono primi tra loro.
Scomporre un numero naturale in fattori primi significa scriverlo come prodotto di soli fattori primi; la scomposizione di un numero in fattori primi è unica.
Il massimo comun divisore (M.C.D.) fra due numeri naturali è il più grande fra i divisori comuni ai due numeri; per trovarlo, si scompongono i due numeri e si calcola il prodotto dei soli fattori comuni presi con il minimo esponente.
Il minimo comune multiplo (m.c.m.) fra due numeri naturali è il più piccolo fra i multipli comuni ai due numeri; per trovarlo, si scompongono i due numeri e si calcola il prodotto dei fattori comuni e non comuni presi con il massimo esponente.
Un numero intero si esprime mediante un numero naturale preceduto da un segno $+$ o da un segno $-$. Il segno $+$ indica che il numero intero esprime una quantità che si trova al di sopra di un certo livello di riferimento; il segno $-$ che si trova al di sotto. Il livello di riferimento scelto è lo zero e si dice che i numeri $+1, +2, +3, …$ sono interi positivi, i numeri $-1, -2, -3, …$ sono interi negativi; allo zero non si attribuisce alcun segno.
L’insieme dei numeri interi si indica con la lettera $\mathbb{Z}$, l’insieme degli interi privato dello zero si indica con $\mathbb{Z_0}$.
Se due numeri hanno lo stesso segno si dicono concordi, se hanno segno diverso si dicono discordi.
Si chiama valore assoluto di un numero intero il numero stesso privato del suo segno. Due numeri interi che hanno lo stesso valore assoluto e segni opposti si dicono opposti.
La somma di due numeri interi si calcola con la seguente regola:
Per esempio: $+3+(+4)=+7$; $-2+(-6)=-8$; $+3+(-9)=-6$
La differenza tra due numeri interi è la somma del primo con l’opposto del secondo. Il prodotto di due numeri interi è il numero che si ottiene moltiplicando i valori assoluti dei due numeri e attribuendo segno $+$ se i due numeri sono concordi, segno $-$ se i due numeri sono discordi. Per esempio: $(+6) \cdot (+4) = +24$; $(+2) 1\cdot (-3) = -6$; $(-8) \cdot (-2) = +16$
Una frazione si ottiene combinando in modo ordinato coppie di numeri naturali;
diciamo che due frazioni $\dfrac{a}{b}$ e $\dfrac{c}{d}$ sono equivalenti se $a \cdot d = b \cdot c$.
Si chiama numero razionale ogni sottoinsieme di frazioni tra loro equivalenti.
Per rappresentare un numero razionale si può usare una qualunque delle frazioni tra loro equivalenti oppure il numero decimale, finito o periodico, corrispondente.
Se, con le stesse convenzioni adottate per i numeri interi, associamo ad ogni numero razionale assoluto un segno $+$ e un segno $-$ (tranne che allo zero cui non si attribuisce segno) otteniamo l’insieme $\mathbb{Q}$ dei numeri razionali relativi.
Dato un numero razionale $a$ qualsiasi ed un intero $n \neq 0$ chiamiamo potenza n-esima di $a$, e si scrive $a^n$:
Si pone poi: $a^1 = a$ per ogni $a$; $a^0 = 1$ se $a \neq 0$; non si attribuisce significato alla scrittura $0^0$.
Se $n$ e $m$ sono due numeri interi, tenendo presenti le considerazioni fatte sulla base della potenza, valgono le seguenti proprietà:
Una percentuale equivale a una frazione con denominatore $100$: $30 \%$ è la stessa cosa di $\dfrac{30}{100}$.
Rapporto fra due numeri $a$ e $b$, con $b \neq 0$, è il quoziente $a : b$.
Una proporzione è l’uguaglianza fra due rapporti $\dfrac{a}{b}$ e $\dfrac{c}{d}$ (con $b, \qquad d \neq 0$) e si scrive $a : b = c : d$
Per essa vale la proprietà fondamentale $a \cdot d = b \cdot c$.
A partire dalla proporzione $a : b = c : d$ (dove supponiamo che i quattro numeri siano diversi da zero) se ne possono ottenere altre applicando le seguenti proprietà:
Ci sono operazioni, come per esempio l’estrazione di radice, che portano a considerare numeri che non sono razionali. Si chiamano irrazionali quei numeri che si possono esprimere mediante un numero decimale illimitato non periodico, vale a dire un numero le cui cifre decimali si susseguono senza mai ripetersi in successione costante. L’unione fra l’insieme dei numeri razionali e l’insieme dei numeri irrazionali dà origine all’insieme dei numeri reali. Un numero reale è quindi un numero che è razionale oppure irrazionale.
$\mathbb{N}$:
$\mathbb{Z}$:
$\mathbb{Q}$:
$\mathbb{R}$:
Ogni funzione $y = f(x)$ può essere rappresentata graficamente in un piano cartesiano mediante l’insieme dei punti di coordinate $(x, \qquad y)$ che si ottengono attribuendo a $x$ un valore del dominio e calcolando il corrispondente valore di $y$.
Un’espressione algebrica letterale è un’espressione nella quale alcuni numeri sono rappresentati da lettere. In particolare si parla di:
In ogni caso, sia i monomi che i polinomi non contengono operazioni di divisione fra lettere.
Il grado di un monomio è la somma dei gradi delle sue lettere; se è in forma normale, il grado rispetto ad ogni sua lettera è il grado di quella lettera; tutte le lettere che non compaiono in un monomio hanno grado zero. Diciamo poi che due monomi sono:
Un polinomio è la somma algebrica di più monomi.
Il grado di un polinomio è il massimo dei gradi dei monomi che lo compongono; il grado rispetto a una sua lettera è il massimo dei gradi con cui quella lettera compare. Diciamo poi che un polinomio è:
Poiché in un’espressione letterale le lettere rappresentano numeri, le operazioni fra polinomi si eseguono tenendo presenti le proprietà delle operazioni fra numeri.
Il calcolo di alcuni prodotti fra polinomi si può abbreviare tenendo conto di particolari regole:
Le divisioni di un polinomio per un binomio di primo grado della forma hanno un particolare rilievo; per esse valgono i seguenti teoremi:
Il teorema di Ruffini rappresenta quindi un criterio di divisibilità di $P(x)$ per $(x - a)$.
Scomporre un polinomio significa scriverlo come prodotto di due o più polinomi, possibilmente non ulteriormente scomponibili. I metodi per eseguire la scomposizione si basano sui seguenti criteri:
Nella pratica, per scomporre un polinomio conviene tenere presenti, in successione, le seguenti considerazioni:
Una frazione algebrica rappresenta il quoziente $\dfrac{A}{B}$ fra due polinomi $A$ e $B$ con $B \neq 0$.
Essa è funzione delle lettere che vi compaiono e, poiché la divisione per zero non è consentita, le variabili non possono assumere valori che annullano il polinomio al denominatore.
L’insieme dei valori che è possibile attribuire alle lettere è il dominio della frazione. Per determinare il dominio è necessario scomporre il polinomio $B$ e imporre che ciascun fattore della scomposizione sia diverso da zero (condizioni di esistenza).
Due frazioni algebriche sono equivalenti se attribuendo valori uguali a lettere uguali, si ottengono sempre frazioni numeriche equivalenti. L’equivalenza fra due frazioni algebriche $\dfrac{A}{B}$ e $\dfrac{C}{D}$ si riconosce verificando l’uguaglianza $A \cdot D = B \cdot C$.
Per passare da una frazione a un’altra ad essa equivalente si applica la proprietà invariantiva, cioè si moltiplicano o si dividono numeratore e denominatore della frazione per uno stesso polinomio non nullo.
Con le frazioni algebriche si possono eseguire tutte le operazioni che si possono eseguire con le frazioni numeriche; quindi:
Una identità è l’uguaglianza fra due espressioni algebriche che è verificata qualunque siano i valori, appartenenti al dominio delle due espressioni, che vengono attribuiti alle variabili.
Un’equazione è l’uguaglianza fra due espressioni algebriche che è verificata solo quando le sue variabili assumono particolari valori; tali valori sono le sue soluzioni o radici.
In base al numero di soluzioni, un’equazione può essere:
Un’equazione si dice poi:
Due equazioni sono equivalenti se hanno le stesse soluzioni. Per passare da un’equazione di dominio $D$ ad un’altra ad essa equivalente si applicano due principi di equivalenza:
Conseguenze di questi due principi sono le seguenti:
Il grado di un’equazione intera $E(x) = 0$ è il grado del polinomio $E(x)$. Un’equazione di primo grado, o equazione lineare, assume quindi la forma $ax + b = 0$.
Per risolvere un’equazione lineare si applicano i due principi di equivalenza e:
Per risolvere un’equazione $E(x) = 0$ dove $E(x)$ è un polinomio di grado superiore al primo, si deve:
scomporre in fattori tutti di primo grado: $(x - a)(x - b)(x - c) = 0$
applicare la legge di annullamento del prodotto: $x - a = 0 \space \vee \space x - b = 0 \space \vee \space x - c = 0$
da cui si ricavano le soluzioni: $x = a \space \vee \space x = b \space \vee \space x = c $
Dalla relazione $a > b$ (o dalla sua analoga $a < b$) si possono dedurre anche le seguenti:
Una disequazione è una relazione della forma $A(x) > B(x)$ (oppure $A(x) < B(x)$); risolverla significa determinare i valori di $x$ per i quali l’espressione $A(x)$ assume valori maggiori (oppure minori) dell’espressione $B(x)$. Una disequazione intera lineare si può sempre ricondurre alla forma $ax + b > 0$ che ha soluzione:
Se $a = 0$ la disequazione diventa una disuguaglianza numerica; se tale disuguaglianza è vera allora $S = R$, se è falsa allora $S = \varnothing$.
Una disequazione frazionaria si può sempre scrivere nella forma $\dfrac{A(x)}{B(x)} > 0$ oppure $\dfrac{A(x)}{B(x)} < 0$ nelle quali il denominatore non si può eliminare.
Per risolverla si studiano i segni del polinomio $A(x)$ e del polinomio $B(x)$ e si riporta la loro variazione in una tabella; dal segno di ciascuno dei fattori si deduce poi il segno della frazione e, di conseguenza, l’insieme delle soluzioni.
Una disequazione non lineare $A(x)$ si può risolvere con un metodo analogo a quello seguito per le disequazioni frazionarie se l’espressione $A(x)$ è un polinomio scomponibile nel prodotto di fattori di primo grado. In questo caso, si studia la variazione del segno di ogni fattore del prodotto, si costruisce la tabella dei segni, si determina il segno di $A(x)$ e da esso si deduce l’insieme delle soluzioni.
Due o più disequazioni si scrivono in un sistema se si vuole che esse siano verificate contemporaneamente. Per determinare l’insieme delle soluzioni si risolve ciascuna disequazione e si calcola l’intersezione degli insiemi soluzione.
Se un’equazione o una disequazione contengono un modulo, si deve studiare il segno dell’espressione che è argomento del modulo e risolvere poi l’equazione o la disequazione nell’ambito del segno studiato: