20. Idrosfera: le acque marine

L’insieme delle acque presenti sulla Terra prende il nome di idrosfera: per la maggior parte essa è formata da mari e oceani, che coprono circa tre quarti della superficie terrestre; la scienza che studia gli oceani e i mari dal punto di vista geomorfologico, chimico-fisico e biologico è l’oceanografia. Le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua di mare, quali la salinità, la densità, la temperatura, la pressione, il colore e la trasparenza, influenzano alcuni fenomeni che in essa si verificano e anche la vita degli organismi che vi abitano. Le acque oceaniche e marine sono sottoposte a diversi tipi di movimenti: costanti, le correnti; irregolari, le onde; periodici, le maree. Le numerose esplorazioni oceanografiche degli anni ’60 e ’70 hanno permesso di descrivere la morfologia dei fondali marini, alquanto varia e complessa.

Oceani e mari

L’acqua è presente sulla Terra nei tre stati fisici: liquido (nei mari, negli oceani, nei laghi, nei fiumi ecc.), solido (nei ghiacciai) e aeriforme (vapor d’acqua nell’atmosfera). Tutte le acque presenti sulla Terra costituiscono una sorta di involucro a cui si dà il nome di idrosfera: la maggior parte dell’idrosfera è costituita da oceani e mari, che nel loro complesso occupano oltre il 70% della superficie terrestre. Più precisamente, si indica col termine oceano un’ampia distesa di acque che circonda e separa le masse emerse dei continenti, mentre il termine mare è riservato a estensioni più limitate di masse d’acqua, generalmente circondate da terre emerse o comunque adiacenti a esse (in alcuni casi il termine mare indica bacini chiusi, per esempio, il Mar Caspio, che non comunicano direttamente con i mari aperti). La scienza che studia gli oceani e i mari dal punto di vista morfologico, chimico, fisico e biologico è l’oceanografia: essa si occupa della morfologia dei fondali oceanici, della natura e del tipo di sedimenti che vi si depositano, delle caratteristiche fisiche e chimiche delle acque e dei loro movimenti, nonché delle interazioni fra oceani e atmosfera. Le esplorazioni oceanografiche hanno inoltre permesso di raccogliere molte informazioni sulla struttura dei fondali oceanici, che hanno contribuito alla formulazione della teoria della tettonica delle placche.

Le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua di mare

Molte sono le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua di mare che influenzano alcuni fenomeni che in essa si verificano e la vita degli organismi che vi abitano; tra queste si segnalano: la salinità, la densità, la temperatura, la pressione, il colore e la trasparenza delle acque.

  • La salinità indica la quantità di sali (presenti in forma ionica) disciolti nelle acque marine e provenienti dal costante apporto di sostanze saline da parte dei fiumi che scorrono sulle terre emerse e anche dei vulcani sottomarini. La salinità si esprime in grammi di sali disciolti in 1 kg di acqua e ha un valore medio del 35‰ (per mille): cioè, se si fa evaporare 1 kg di acqua di mare, rimangono 35 g di sali. La salinità varia da zona a zona in funzione di fattori quali l’evaporazione, l’apporto di acqua dolce proveniente dai continenti, le precipitazioni; per esempio, in superficie la salinità è maggiore nelle zone calde tropicali, dove l’evaporazione è intensa (tocca il 43‰ nel Mar Rosso) oppure dove si formano ghiacci marini; risulta minore nei mari freddi (tocca il 7‰ nel Mar Baltico) e nelle zone calde equatoriali a causa delle frequenti e abbondanti precipitazioni che tendono a diluire i sali contenuti. La presenza di sali in soluzione, inoltre, abbassa il punto di congelamento dell’acqua: con una salinità del 35‰ (che si raggiunge a circa 1000m di profondità, il cosiddetto aloclino), la temperatura di congelamento scende da 0 °C a –1,9 °C. Tra i numerosi sali disciolti nelle acque di mare il più abbondante è il cloruro di sodio, il comune sale da cucina; seguono i sali di magnesio, di calcio e di potassio. Oltre ai sali, le acque contengono disciolti anche numerosi gas, gli stessi che formano l’atmosfera: tra essi, di fondamentale importanza per la respirazione degli organismi viventi è l’ossigeno, la cui concentrazione (in mg/l) varia con la profondità e con la temperatura. La quantità di ossigeno disciolto nelle acque aumenta al diminuire della temperatura (infatti, la solubilità dei gas in un liquido aumenta al diminuire della temperatura del liquido) e diminuisce con la profondità, raggiungendo un minimo a circa 1000 m; nelle acque profonde l’ossigeno tende nuovamente ad aumentare a causa delle basse temperature e per la scarsità degli organismi consumatori di ossigeno.
  • La densità dell’acqua di mare, che in media è di circa 1,02 g/cm3 a 4 °C, aumenta all’aumentare della salinità e della pressione (profondità) e al diminuire della temperatura: lo strato in corrispondenza del quale si verifica un rapido aumento della densità, compreso tra circa 200 e 1000 m di profondità, è detto picnoclino. Le acque del Mediterraneo sono molte dense, pur avendo temperature elevate, poiché l’evaporazione è intensa e l’apporto salino delle acque continentali è limitato.
  • La temperatura varia in funzione della latitudine, della stagione e della profondità. La temperatura massima viene registrata in superficie, nelle zone equatoriali, e diminuisce di circa 1 °C per ogni grado di aumento della latitudine. La temperatura diminuisce anche con la profondità, poiché le radiazioni infrarosse, quelle che riscaldano le acque, penetrano solo nelle acque superficiali (non oltre i 10 m di profondità); tra i 200 e i 1000 m si verifica una brusca diminuzione di temperatura: a questo strato si dà il nome di termoclino; la temperatura si stabilizza poi in profondità su valori vicini agli 0 °C. Le differenze di temperatura e di densità a diversi livelli possono provocare la formazione di moti convettivi alle varie latitudini, con conseguente rimescolamento delle acque, ciò che influenza la distribuzione degli organismi.
  • La pressione esercitata dall’acqua, detta pressione idrostatica, aumenta con l’aumentare della profondità, con un incremento di circa 1 atmosfera per ogni 10 m. Sui fondali oceanici si registrano pressioni elevatissime; tuttavia, gli animali che popolano gli abissi non ne rimangono “schiacciati”, poiché compensano l’elevata pressione con un’uguale pressione esercitata dai loro liquidi interni. Relativamente alla capacità di sopportare variazioni della pressione idrostatica, gli organismi si distinguono in stenobati (meno tolleranti alle variazioni) ed euribati (più tolleranti alle variazioni).
  • Il colore dell’acqua di mare, prevalentemente azzurro-blu, ma con variazioni al verde e al viola, è dovuto alla diffusione della luce prodotta dalle stesse molecole d’acqua, che hanno dimensioni così piccole che assorbono le radiazioni con lunghezza d’onda maggiore (come il rosso) e lasciano passare quelle con lunghezza d’onda minore (come il blu). Variazioni di colore possono essere determinate anche dalla presenza di particelle organiche e inorganiche in sospensione nell’acqua.
  • La trasparenza delle acque, cioè la capacità di essere penetrate dalla luce, è quasi totale nei primi 50 m di profondità (zona fotica), mentre diminuisce gradualmente fino ai 200 m (zona afotica), oltre i quali tutte le radiazioni sono assorbite.
Principali sali disciolti nell'acqua di mare
Sali g/kg
cloruro di sodio 27.123
cloruro di magnesio 3.807
solfato di magnesio 1.658
solfato di calcio 1.260
solfato di potassio 0.863
carbonato di calcio 0.123
bromuro di magnesio 0.076
Totale 35.000

Termoclino

Le variazioni di livello dei mari

Come accade per ogni liquido, la superficie libera dei mari a contatto con l’atmosfera tende a disporsi perpendicolarmente alla forza di gravità in ogni suo punto, coincidendo in pratica con quella del geoide, termine col quale si indica la forma della Terra. Il livello di tale superficie, definito come livello medio marino, costituisce il riferimento per la misurazione altimetrica delle terre emerse e anche delle profondità marine; esso viene assunto come la risultante della media delle misure effettuate di norma per un periodo ventennale mediante strumenti fissi, detti idrometri, ubicati in determinati punti di una linea di costa. Nel corso del tempo, il livello medio del mare è ripetutamente variato, specialmente durante l’era quaternaria, in conseguenza dei frequenti mutamenti climatici e dell’alternarsi delle glaciazioni, con abbassamenti (regressioni) di oltre 100 m rispetto al livello attuale durante l’ultima glaciazione o risalite (trasgressioni) di alcune decine di metri in corrispondenza dei periodi interglaciali. In epoca storica, negli ultimi due millenni, relativamente alle coste italiane, si è accertata una generale risalita del livello medio marino di 1-2 m.

Le correnti marine

Le correnti marine sono movimenti costanti delle acque, paragonabili a grandi fiumi che scorrono attraverso gli oceani a velocità comprese tra 2 e 10 km/h e che si distinguono dalle acque circostanti per temperatura e salinità. Le correnti possono avere origine diversa: possono essere dovute all’azione combinata dei venti e delle differenze di pressione atmosferica oppure essere innescate dalle maree oppure ancora dipendere dalle differenze di densità dell’acqua del mare,causate, per esempio, dal diverso riscaldamento delle varie parti degli oceani e da diversi valori di salinità. Le correnti marine possono svilupparsi sia in superficie (correnti superficiali), sia in profondità (correnti profonde) e si distinguono in:

  • correnti calde: se hanno una temperatura maggiore di quella delle acque circostanti (che interessano il lato occidentale dei continenti)
  • correnti fredde: interessano il lato orientale dei continenti, nel caso contrario.

Nel loro insieme, le correnti stabiliscono un circuito oceanico, cioè producono un moto ciclico delle acque marine, che compiono lunghi percorsi chiusi all’interno di uno stesso bacino oceanico. Le masse d’acqua alle latitudini polari hanno densità maggiore a causa dei forti raffreddamenti e tendono a precipitare in profondità; espandendosi sui fondali marini, si muovono verso latitudini con temperature più elevate. Lo sprofondamento dell’acqua polare richiama superficialmente altra acqua proveniente da latitudini inferiori. Le acque calde superficiali delle basse latitudini galleggiano in superficie e vengono così trasportate a latitudini più elevate, dove si raffreddano, diventano più dense e affondano, ripetendo così il ciclo.

Le correnti marine svolgono un ruolo molto importante nel trasferimento di calore dalle regioni tropicali alle regioni polari, esercitando una funzione mitigatrice del clima: infatti, trasportando acqua calda dalle basse alle alte latitudini, esse innalzano la temperatura dell’atmosfera, alla quale cedono parte del loro calore. Così, per esempio, durante l’inverno i porti della Norvegia sono liberi dai ghiacci, proprio perché la calda Corrente del Golfo lambisce le coste norvegesi recandovi le tiepide acque dell’Atlantico centrale; invece, la penisola canadese del Labrador, a latitudini poco più basse della Norvegia, ha porti chiusi dai ghiacci per la maggior parte dell’anno, perché nessuna corrente calda viene a lambirne le coste e risente invece dell’influsso della fredda Corrente del Labrador, che porta verso sud le fredde acque artiche. La presenza delle correnti può essere individuata attraverso satelliti artificiali dotati di apparecchiature sensibili ai raggi infrarossi (radiazioni termiche) emessi dalla superficie degli oceani: queste apparecchiature registrano la temperatura, e quindi il percorso delle correnti, distinguendo le zone degli oceani con differenti temperature.

Le principali correnti marine

Correnti superficiali

Le cause primarie della circolazione superficiale delle acque sono i venti, che trascinano nel loro movimento le masse d’acqua alla superficie degli oceani, e l’energia del Sole, che riscalda maggiormente le zone comprese fra i tropici; le acque vengono messe in movimento dall’energia che il vento, per attrito, cede allo strato superficiale delle acque stesse. Le correnti superficiali sono limitate ai primi 200 m di profondità. L’andamento delle correnti superficiali è influenzato dalla forza di Coriolis: le correnti oceaniche sono deviate verso destra, rispetto alla loro direzione ideale di movimento, nell’emisfero settentrionale e verso sinistra nell’emisfero meridionale; il percorso delle correnti può essere influenzato anche dalla presenza di ostacoli, come dorsali oceaniche e continenti.

Le più note correnti superficiali includono la Corrente del Golfo, che si forma dalla corrente nord-equatoriale, il cui motore è l’aliseo tropicale. Essa si origina nel Golfo del Messico, alla confluenza della corrente delle Antille con quella di Florida. La corrente costeggia dapprima le coste sudorientali degli Stati Uniti, poi attraversa l’Atlantico del nord, lambisce la costa delle isole britanniche, della penisola scandinava e si dirige verso l’Islanda. Lungo il percorso, un braccio piega verso sud, in direzione delle Canarie, poi verso ovest e ritorna al Golfo del Messico, chiudendo il circuito. Lungo le coste orientali dei continenti, in particolare lungo le coste della California e del Perù, quando il vento soffia verso l’Equatore parallelamente alla costa provoca un movimento dell’acqua superficiale verso il largo (a causa dell’effetto di Coriolis): la massa d’acqua che si allontana dalla costa viene rimpiazzata da acqua che risale dagli strati sottostanti, determinando il fenomeno della risalita di acque profonde (noto anche col termine inglese di upwelling), che riveste grande importanza biologica. Infatti, le acque profonde che vengono richiamate in superficie sono ricche di sostanze nutrienti che giacevano sul fondo e che vengono così immesse nel ciclo biologico della vita marina.

Correnti profonde

La circolazione oceanica di profondità dipende essenzialmente dalla forza di gravità ed è provocata da differenze di densità delle acque; poiché l’acqua fredda esalata è più densa e perciò più pesante di quella più calda e meno salata, tende a sprofondare e a scorrere sotto quella più leggera: le correnti di questo tipo sono dette correnti di gradiente o correnti di densità. Per tale motivo, la circolazione oceanica profonda è detta anche circolazione termoalina (dal greco thermós, caldo e alós, sale), cioè causate dalla diversa temperatura e salinità. Il tempo necessario affinché le acque dalla superficie scendano in profondità e poi risalgano varia in media dai 500 ai 2000 anni. Le masse d’acqua profonde si classificano a seconda della regione d’origine e della profondità alla quale scorrono: le correnti di densità interessano in particolare il Mediterraneo e le regioni polari, dove le acque superficiali fredde e salate hanno elevata densità e si inabissano fino a raggiungere il fondo oceanico. Dalle zone polari artiche e antartiche si crea quindi un flusso sul fondo oceanico verso latitudini minori.

Le onde

Le onde sono movimenti irregolari della superficie marina, che non si avvertono a profondità superiori ai 200 m. Le onde non producono spostamenti orizzontali dell’acqua, ma solo un’oscillazione, lungo un’orbita circolare o ellittica, delle particelle d’acqua. Esse possono originarsi a causa della spinta del vento sulla superficie marina (ma anche in seguito a maree, movimenti sismici, frane sottomarine o perturbazioni atmosferiche violente) e possono, inoltre, propagarsi a migliaia di chilometri di distanza dal luogo di origine (onde senza vento). Quando il vento spira sul mare, esercita sulla superficie esposta una pressione proporzionale all’intensità con cui soffia. Poiché il liquido è incomprimibile, si deprime, dando origine a un cavo (o ventre) d’onda. Le particelle prima contenute nel cavo si spostano sopravento e danno origine a una cresta rilevata. In persistenza del vento, cavi e creste si susseguono paralleli, creando un treno d’onda (onde forzate). In un’onda si riconoscono i seguenti parametri:

  • lunghezza d’onda (L): distanza esistente fra due creste o due cavi successivi
  • altezza dell’onda (H): dislivello esistente fra la sommità di una cresta e il fondo del cavo
  • periodo dell’onda (T): tempo che intercorre tra il passaggio in uno stesso punto di due creste o due cavi successivi
  • profondità dell’onda: punto più basso al di sotto della superficie nel quale si avverte il movimento dell’acqua (pari a L/2).

In mare aperto, dove non si avverte l’influenza dei fondali, il moto si propaga verso il basso per attrito fra le singole particelle, che compiono orbite circolari “impilate” sulla stessa verticale, con diametro sempre più ridotto scendendo in profondità, fino all’estinzione. Le onde non comportano lo spostamento di masse d’acqua, poiché le particelle, nel loro moto circolare, tornano periodicamente al punto di partenza (onde di oscillazione). Se le coste sono basse, tanto che la profondità dell’onda diventa superiore alla profondità del fondale, le orbite circolari descritte dalle particelle si deformano diventando ellittiche. La base dell’onda viene rallentata dall’attrito e si trova in ritardo rispetto alla cresta. Il fenomeno si accentua finché quest’ultima si rovescia su se stessa creando i frangenti di spiaggia (onda di traslazione). Il movimento effettivo di masse d’acqua, detto risacca, si manifesta con un movimento di avanzata e di ritiro dell’onda sulla battigia. L’energia cinetica di un’onda, funzione della velocità, è in grado di compiere un lavoro che cresce all’aumentare della massa dell’onda stessa e che sulla costa produce un processo erosivo oppure provoca l’accumulo di nuovo materiale prelevato dal mare in un altro punto della costa.

La formazione delle onde

Tipi d’onda

La genesi e le specifiche fisiche permettono di distinguere:

  • onde morte, o lunghe: si propagano in assenza di vento. La loro origine può essere lontanissima. Fra le più note ricordiamo quelle che provengono dai mari antartici e che, per effetto della rotazione terrestre, investono le coste occidentali dei continenti nell’emisfero australe fin dentro le zone di calma equatoriale
  • onde di tempesta: sollevate dagli uragani e dai cicloni. Dotate di alta energia, assumono direzioni molto variabili in rapporto all’irregolarità del vento. Possono avere effetti distruttivi sia sulle coste, sia sulle navi in mare aperto
  • tsunami: si tratta di onde atipiche, altissime, provocate da un maremoto che scuote il fondale e trasmette l’energia all’acqua sovrastante: queste onde investono la costa con grande violenza, dovuta sia alla massa dell’acqua coinvolta, sia alla velocità del movimento.

La morfologia dei fondali oceanici

L’esplorazione dei fondali oceanici ha ricevuto un notevole impulso dalle numerose spedizioni avvenute negli anni ’60 e ’70: essa ha rivelato l’esistenza di “paesaggi” alquanto vari e complessi, fino ad allora sconosciuti, almeno alle maggiori profondità. Procedendo dalla linea di costa verso il fondo, si estende, per un tratto più o meno breve, la piattaforma continentale (in genere fino all’isobata dei 200 m), seguita da una scarpata più o meno declive (con pendenza media dai 3° ai 5°), che scende fino alle piane abissali (oltre i 3000-5000 m di profondità). Queste ultime, a loro volta, possono essere percorse da vere e proprie catene montuose (le dorsali oceaniche), corrispondenti alle zone di risalita dei magmi, o costellate di rilievi isolati, a volte emergenti a formare singole isole o arcipelaghi. Le piane abissali possono anche essere interrotte da profonde fosse, o abissi (che scendono fino ai 6000-11000 m di profondità), corrispondenti a grandi fratture litosferiche o a linee di subduzione al margine di due placche contrapposte.

Morfologia del fondale marino

I sedimenti marini

All’interno delle masse marine e oceaniche è in atto una continua sedimentazione di materiali, prevalentemente costituiti da resti di organismi (generalmente con guscio o scheletro calcareo o siliceo, quando non vengono totalmente disciolti dall’acqua marina tra i 3500 e i 5500 m di profondità), che si accumulano sul fondo mescolandosi a detriti provenienti dalle scarpate continentali (dove arrivano apportati dai corsi d’acqua). In prossimità della scarpata continentale prevalgono sedimenti più grossolani (sabbie), mentre quelle più fini (argille) si depositano nelle zone più profonde (assieme a materiali di provenienza cosmica e vulcanica), dove si rinvengono anche con una certa frequenza concentrazioni di cosiddetti noduli di manganese, ciottoli di forma appiattita e di diametro medio di circa 5 cm, che si trovano in abbondanza su vaste estensioni dei fondali oceanici: sono particolarmente ricchi di manganese oltre che di ferro, ma possono anche contenere rame, nichel e altri metalli. Anche se attualmente il loro recupero è assai costoso, i noduli potranno divenire nei prossimi decenni la principale fonte di approvvigionamento di molti minerali metallici. Gli accumuli e i resti organici (derivati in gran parte da zone ricche di plancton, insieme degli organismi che si lasciano trasportare passivamente dalle correnti e dalle onde) danno luogo a estese formazioni di fanghi calcarei a globigerine (protozoi unicellulari) e fanghi silicei a radiolari (protozoi unicellulari) e diatomee (alghe unicellulari). La continua attività di sedimentazione negli oceani è alla base della formazione di rocce sedimentarie.