Il sistema solare è costituito dal Sole e dall’insieme dei corpi celesti che gli gravitano intorno: i otto pianeti con i loro satelliti, una decina di pianeti nani, gli asteroidi e le comete. L’invio di numerose sonde spaziali ha permesso di estendere la nostra conoscenza sugli elementi del sistema solare e di raccogliere numerose informazioni riguardo alla loro origine, evoluzione, struttura e orbita.
I metodi di datazione radioattiva permettono di assegnare un’età massima di circa 4,5 x 109 anni alle rocce della Terra e di avanzare una stima analoga per l’età delle rocce lunari e di alcuni meteoriti. Per il Sole, studiando struttura ed evoluzione, si stima un’età massima di quasi 5 x 109 anni. Tenendo conto di questa concordanza tra i vari dati, si può affermare che i primi eventi collegati alla formazione dei pianeti ebbero inizio circa 4,6 miliardi di anni fa. Una teoria circa l’origine del sistema solare deve essere in grado di spiegare in modo coerente i seguenti tipi di osservazioni:
La teoria nebulare proposta da I. Kant (1755) e P. Laplace (1796) ipotizzava che il sistema solare avesse avuto origine da una nebulosa rotante e in contrazione, la nebulosa presolare, dalla quale per effetto centrifugo si sarebbero staccati degli anelli che avrebbero poi formato per condensazione pianeti e satelliti. Verso il 1900 J. Jeans sviluppò la teoria catastrofica, che prevedeva un evento violento, non ripetuto: l’incontro ravvicinato del Sole con un’altra stella, che avrebbe dato luogo a una colossale onda di marea, con conseguente estrazione di materia dalla massa solare, entro la quale si sarebbero poi formati i pianeti, più grandi al centro e più piccoli agli estremi. Tale teoria è oggi abbandonata: calcoli di verifica hanno dimostrato che il materiale espulso ad alta velocità si disperderebbe nello spazio, anziché condensare in pianeti. Ricerche condotte negli ultimi anni hanno permesso di fissare le grandi linee del presumibile processo che ha portato alla formazione dei pianeti. Oggi è concordemente accettata l’ipotesi (teoria dell’accumulazione) secondo cui, circa 5 miliardi di anni fa, il Sole e gli altri corpi del sistema solare si formarono contemporaneamente all’interno di una nube primordiale di gas e polveri, dotata di un lento moto di rotazione su se stessa. Come conseguenza di perturbazioni gravitazionali, la nube cominciò a collassare su se stessa e la sua velocità di rotazione andò aumentando man mano che le particelle di materia andavano “cadendo” verso il suo centro; per effetto della rotazione, la nube si contrasse e assunse la forma di un disco appiattito, al cui centro andava accumulandosi la maggior parte della materia originaria, mentre la materia residua andava condensandosi in una serie di anelli periferici ruotanti intorno al centro. A un certo punto, la massa centrale collassò su se stessa per effetto della gravità, dando origine al Sole. Negli anelli periferici si formarono i pianeti, come risultato di una complessa sequenza di processi di accumulazione e di aggregazione di polveri e di gas, dapprima in piccoli granuli e via via in corpi di massa maggiore (planetesimi): questi, attraendosi gravitazionalmente, formarono ammassi maggiori, i futuri pianeti. La nube è più fredda alla periferia e diventa più calda man mano che ci si avvicina al centro e tale differenza di temperatura determina differenze fra gli oggettiche si vanno formando. I corpi più vicini al Sole, posti quindi in una zona più calda, non furono in grado di trattenere un’atmosfera formata da elementi leggeri (idrogeno ed elio): si formarono così i pianeti minori, la Luna e gli asteroidi, tutti prevalentemente rocciosi. Nelle regioni più lontane, più fredde, si formarono i pianeti maggiori, costituiti soprattutto da acqua, metano e ammoniaca congelati, e le comete. Questa ipotesi rende conto, per esempio, della divisione tra pianeti terrestri, più densi, e pianeti giganti, prevalentemente gassosi. Nei corpi più densi di massa maggiore, come la Terra, ha luogo un’ulteriore evoluzione: il materiale addensato precipita verso il centro e il calore generato dagli elementi radioattivi, aumentando la temperatura, ne determina una fusione parziale. Questo altera la distribuzione interna del materiale; le parti più leggere tendono a “galleggiare” in superficie (crosta di silicati), mentre quelle più pesanti, separandosi, si distribuiscono verso il centro (nucleo metallico).
Il Sole, collocato al centro del sistema planetario, si presenta come una gigantesca sfera di gas ionizzati (plasma) che irraggia energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche e corpuscolari. Da essa deriva la maggior parte dell’energia che si manifesta e che viene utilizzata sulla Terra. Il Sole è una stella della sequenza principale, di tipo spettrale G2 (quinta classe di luminosità), quindi di colore giallo. Ha un raggio di circa 696.500 km (pari a 109 volte il raggio della Terra) e una massa di 1,99 x 1030 kg (equivalente a circa 330 000 volte la massa terrestre e a 750 volte la massa di tutti i corpi del sistema solare). La densità media solare è di 1,41 g/cm3 , 1⁄4 della densità media della Terra. La temperatura superficiale è di circa 5700 °C. L’accelerazione di gravità sulla superficie è 28 volte quella terrestre.
Caratteristiche | Valore |
---|---|
raggio | 696 500 km (109 volte quello terrestre) |
massa | 2 x 1033 g (333 400 volte quella terrestre) |
densità media | 1,41 g/cm3 (un quarto di quella terrestre) |
temperatura superficiale | 5700 °C, fino a 2500 °C per le macchie solari |
accelerazione di gravità alla superficie | 274 m/s2 (28 volte quella terrestre) |
distanza dalla Terra | da 147,1 a 152,1 milioni di km |
diametro angolare apparente del disco | da 31'27" a 32'30" |
Come le altre stelle, il Sole è una sfera di gas ad altissima temperatura, la cui materia è tenuta insieme dall’attrazione gravitazionale. Si distingue una parte interna, non visibile, e una parte esterna (atmosfera solare). Nella parte interna si ipotizza la presenza di un nucleo, in cui avvengono le reazioni di fusione termonucleare che generano l’energia della stella. Intorno al nucleo si estende la zona di radiazione, o zona radiativa, un guscio sferico di gas, in cui l’energia, emessa prevalentemente sotto forma di raggi gamma, viene continuamente assorbita e riemessa dal gas. Segue uno strato in cui l’energia viene trasportata attraverso i moti convettivi dei gas, detto zona di convezione, o zona convettiva, spessa circa il 30% del raggio solare. Del Sole è visibile solo la parte più esterna, composta di tre strati che, andando dall’interno all’esterno, sono la fotosfera, la cromosfera e la corona; cromosfera e corona costituiscono l’atmosfera solare, struttura complessa e sede di processi violenti e variabili nel tempo. La radiazione continua del Sole ha origine nella fotosfera (dal greco, sfera di luce), strato più basso dell’atmosfera e spesso poche centinaia di chilometri, con temperature di circa 4300-9000 °C. Tipiche della fotosfera sono le macchie solari: zone che appaiono più scure sulla superficie del Sole per contrasto con la fotosfera circostante. Queste aree, alle quali è associato un elevatissimo campo magnetico, possiedono un nucleo centrale (ombra) circondato da una regione chiara (penombra). La loro posizione varia nel tempo per effetto della rotazione del Sole, variabile in funzione della latitudine. Nel 1850 si scoprì che il numero totale di macchie visibili sulla superficie solare varia da un valore massimo a uno minimo secondo una ciclicità di 11 anni (ciclo di attività solare). Al di sopra della fotosfera si estende la cromosfera, regione di gas rarefatto spessa 2000 km, con strutture allungate (spicole) che si innalzano fino a 10.000 km. Nella cromosfera la temperatura media sale a circa 15.000 °C. La corona, ultimo strato del Sole, è costituita da gas estremamente rarefatto e la temperatura è dell’ordine del milione di gradi. La corona è visibile durante le eclissi totali di Sole (o usando particolari strumenti, i coronografi).
Il gas, riscaldato dalla radiazione che proviene dall’interno del nucleo, si muove convettivamente, generando nella fotosfera una serie di celle chiare (la testa superiore della colonna ascendente di gas caldo) e zone circostanti scure (là dove il gas, raffreddandosi, si reimmerge); questa struttura viene chiamata granulazione. Eventi più spettacolari sono le protuberanze, grandi emissioni di materia che si allontana dal Sole fino a decine di migliaia di chilometri di altezza, e i brillamenti, violenti aumenti di luminosità in una piccola regione della cromosfera e della corona, accompagnati da emissioni di raggi X e particelle accelerate e correlati a sottostanti macchie solari. La corona, a causa della sua altissima temperatura, si espande nello spazio formando il vento solare, un flusso di particelle e campi magnetici che si estende per tutto il sistema solare. Perturbazioni nel vento solare che giunge alla Terra innescano tempeste geomagnetiche, che agiscono sul campo magnetico terrestre, e le aurore polari, colorati drappeggi di luce che si formano nella nostra atmosfera a qualche decina di chilometri di quota (fra la mesosfera e la termosfera). Si ritiene che le manifestazioni di attività solare siano pilotate dalla disposizione, dall’intensità e dal comportamento dei campi magnetici presenti in prossimità della superficie solare. L’energia totale irraggiata dal Sole è determinata in base alla costante solare, che è la quantità di energia che nell’unità di tempo colpisce l’unità di area situata al di fuori dell’atmosfera terrestre e posta perpendicolarmente alla direzione dei raggi solari; il valore della costante solare è di 1,374 kW/m2 al minuto. Complessivamente, la quantità di energia che il Sole irradia annualmente entro l’atmosfera terrestre è di 5,47 x 1024 joule e di essa circa il 70% raggiunge la superficie terrestre.
I pianeti (dal greco planào, vagare) del sistema solare si distinguono dalle stelle fisse in quanto si muovono sulla volta del cielo. Si conoscono otto pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. A seconda che le loro orbite siano maggiori o minori di quella terrestre, i pianeti sono distinti in pianeti esterni, o superiori (da Marte a Nettuno), e pianeti interni, o inferiori (Mercurio e Venere). In base ad analogie nella costituzione fisica, i vari pianeti si possono suddividere in pianeti terrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e pianeti gioviani (Giove, Saturno, Urano e Nettuno); di questi i primi tre sono anche detti pianeti giganti per le loro dimensioni, di vari ordini di grandezza superiori a quelle della Terra. Il sistema solare comprende anche asteroidi o pianetini (detti anche pianeti minori) e corpi minori, tra cui comete, meteore e meteoriti
Pianeta | Distanza Media dal Sole | Diametro Equatoriale | Massa | Volume | Atmosfera | Periodo di Rotazione | Periodo di Rivoluzione | Gravità |
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Mercurio | 57,9 | 4880 | 0.055 | 0,06 | nessuna | 59g | 88g | 0,37 |
Venere | 108,2 | 12.104 | 0.815 | 0,86 | biossido di carbonio | 243g | 224,7g | 0,88 |
Terra | 149,6 | 12.756 | 1 | 1 | azoto, ossigeno | 23h 56m | 356,26g | 1 |
Marte | 227,9 | 6787 | 0,108 | 0,15 | biossido di carbonio | 24h 37m | 687 g | 0,38 |
Giove | 778,3 | 142.800 | 317,9 | 1316 | idrogeno, elio | 9h 50,5m | 11,86 anni | 2,64 |
Saturno | 1427 | 120.000 | 95,2 | 755 | idrogeno, | 10h 14m | 29,46 anni | 1,13 |
Urano | 2869,6 | 51.800 | 14,6 | 67 | idrogeno, elio, metano | 16h | 84 anni | 1,17 |
Nettuno | 4496,6 | 49.200 | 17,2 | 61 | idrogeno, elio, metano | 16h | 164 anni | 1,18 |
Nell’antichità, l’universo era rappresentato come un insieme di sfere concentriche rispetto alla Terra e su ognuna era localizzato un “astro”; il tutto era poi racchiuso da una sfera opaca con fori, attraverso i quali giungeva la luce dell’empireo. Tali concezioni sono esposte dal matematico, astronomo e geografo greco C. Tolomeo (I secolo d.C.). Tolomeo colloca la Terra, immobile, al centro dell’universo; intorno a essa ruotano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e la sfera delle stelle fisse. Questo “modello”, noto come sistema tolemaico, (o sistema geocentrico), venne accettato fino al XVII secolo, quando ne fu dimostrata l’infondatezza a fronte del nuovo modello proposto da N. Copernico (1473-1543), noto come sistema copernicano (o sistema eliocentrico), secondo cui la Terra e gli altri pianeti si muovono intorno al Sole, descrivendo traiettorie dette orbite (un moto orbitale completo di un pianeta intorno al Sole è chiamato rivoluzione). Il tempo impiegato a percorrere un’intera orbita è detto periodo di rivoluzione (per esempio, il periodo di rivoluzione della Terra è pari a un anno). Le caratteristiche del moto dei pianeti nel sistema solare sono state definite all’inizio del Seicento dall’astronomo tedesco G. Keplero (1571-1630). Sulla base dell’osservazione diretta del cielo, egli individuò tre leggi che descrivono il movimento dei pianeti.
La prima legge di Keplero sostiene che l’orbita di ciascun pianeta è un’ellisse di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Percorrendo la propria orbita ellittica, ciascun pianeta viene a trovarsi a distanze diverse dal Sole, che variano tra due posizioni estreme: quella di massima distanza è l’afelio; quella di minima distanza è il perielio. La seconda legge di Keplero afferma che ciascun pianeta si muove sulla propria orbita con velocità variabile: più rapidamente quando è più vicino al Sole, più lentamente quando è più lontano. La terza legge di Keplero sostiene che i pianeti più vicini al Sole si muovono sulle proprie orbite più velocemente di quelli più lontani. I rapporti fra tali velocità sono regolati da una legge matematica: il rapporto fra i quadrati dei periodi di rivoluzione di due pianeti qualsiasi è uguale al rapporto fra i cubi delle loro distanze medie dal Sole. Le tre leggi, frutto dell’osservazione diretta del moto dei pianeti nel cielo, descrivono come si muove un pianeta intorno a una stella, ma non ci dicono cosa determina tale movimento.
Nel 1687 I. Newton (1642-1727) scoprì che il Sole, dotato di una massa molto grande, trattiene i pianeti e li costringe a ruotargli intorno. La legge di gravitazione universale viene così espressa: due corpi si attraggono con forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze. La più semplice verifica della legge di Newton è la forza di gravità agente sulla Terra: qualsiasi oggetto tende a cadere al suolo appunto perché è attratto dalla massa del nostro pianeta. Nel caso del sistema solare, i piccoli pianeti dovrebbero essere attratti dalla grande massa del Sole e cadervi sopra. Ma ciò non accade, perché tale forza di attrazione (detta anche centripeta, in quanto diretta verso il Sole che è al centro del sistema) è perfettamente bilanciata dalla forza centrifuga sviluppata dal moto di rivoluzione dei pianeti. I pianeti più vicini al Sole, e quindi attratti da una forza gravitazionale centripeta maggiore, devono controbilanciarla sviluppando una forza centrifuga opposta, tramite un movimento rotatorio più veloce. I pianeti più distanti e attratti da una forza minore possono ruotare più lentamente (seconda legge di Keplero).
Secondo la risoluzione approvata nella 26a Assemblea Generale dell’I.A.U., tenutasi il 24 Agosto 2006 a Praga, il sistema solare è composto da una nuova categoria di corpi celesti: quella dei pianeti nani. Essi sono oggetti del sistema solare che al pari dei pianeti hanno una massa capace di mantenere una struttura rigida, rotonda e resistente alle proprie forze gravitazionali, ma non sufficiente a ripulire la loro orbita dai corpi minori che si trovano nelle proprie vicinanze. Cinque sono i pianeti nani sinora classificati: Plutone, retrocesso al rango di pianeta nano, Ceres promosso da primo asteroide a pianeta nano, Haumea, Makemake e quindi Eris. Tuttavia altre centinaia di oggetti sono al vaglio degli astronomi per essere classificati come nuovi pianeti nani e fra di essi: i transnettuniani Sedna, Quaoar ed Orcus e gli asteroidi Vesta, Pallas ed Igeia. Oltre all’orbita di Nettuno si trova Plutone, già il pianeta più esterno del sistema solare e dal 2006 pianeta nano, scoperto nel 1930 da C. Tombaugh. Ha l’orbita più inclinata rispetto al piano dell’eclittica e più eccentrica fra tutti i pianeti del sistema solare. La distanza media dal Sole è di 5900 milioni di km. Plutone possiede un satellite, Caronte, di massa e dimensioni simili a Plutone stesso, con il quale forma un pianeta doppio. Il suolo di Plutone è probabilmente coperto da metano ghiacciato (infatti, nel periodo in cui il pianeta è più vicino al Sole, quindi più riscaldato, sviluppa una debole atmosfera di metano). Nel gennaio 2006 la NASA ha lanciato la sonda New Horizons alla volta di Plutone. L’incontro con il pianeta è avvenuto il 14 luglio 2015: percorsi cinque miliardi di chilometri, è passata a una distanza minima di 12.500 km dalla superficie del pianeta nano per riprendere immagini ravvicinate della sua superficie
Gli asteroidi (o pianetini) sono piccoli corpi rocciosi di forma irregolare, residui delle prime fasi della storia del sistema solare, che ruotano intorno al Sole su orbite per lo più intermedie tra quella di Marte e quella di Giove; la maggior parte non supera qualche decina di km di diametro, mentre una trentina circa ha un diametro maggiore di 200 km. Due gruppi di pianetini, detti Troiani, descrivono quasi la stessa orbita di Giove e restano sempre a un’uguale distanza dal pianeta e dal Sole. Altri descrivono ellissi molto allungate e si spingono verso i limiti del sistema planetario. Sembra probabile l’ipotesi che essi si siano originati dalla nube primordiale di gas che ha formato il sistema solare; in seguito, non sarebbero riusciti a raccogliersi in un unico corpo a causa delle forti perturbazioni generate dalla forza gravitazionale del pianeta Giove. Gli asteroidi vengono classificati in vari tipi a seconda degli elementi chimici più abbondanti sulla loro superficie (carbonacei, silicacei e metallici). Al primo asteroide, scoperto nel 1801, se ne sono aggiunte molte migliaia e di circa 2000 è stata determinata l’orbita.
Le comete (dal greco kométes, fornito di chioma) sono i più spettacolari fra i costituenti minori che gravitano intorno al Sole su orbite ellittiche di grande eccentricità. È ipotesi diffusa che si siano formate contemporaneamente al Sole e ai pianeti in una “nube” di nuclei cometari che circonda il sistema planetario e che si estende fino a quasi 2,5 anni luce di distanza dal Sole (nube di Oort, dal nome dell’astronomo danese J. Oort). Si tratta di corpi con massa relativamente piccola, concentrata in un nucleo di forma irregolare. Il nucleo è paragonabile a una massa spugnosa, costituita prevalentemente da acqua ghiacciata mista a diossido di carbonio, monossido di carbonio, metano e ammoniaca, tutti in forma solida; nel nucleo sono inoltre imprigionati frammenti solidi (polveri). Quando una cometa si avvicina al Sole, il suo nucleo sublima, formando una nube di vapori, la chioma, che avvolge la cometa; per la pressione esercitata dal vento solare, la chioma viene sospinta in direzione opposta a quella del Sole formando una lunga coda. In base al loro periodo di rivoluzione intorno al Sole le comete vengono suddivise in:
Le meteore sono costituite da frammenti di roccia di varie dimensioni appartenenti al sistema solare, che si muovono ad alta velocità nello spazio. Quando entrano in contatto con l’atmosfera terrestre, la loro superficie, per l’attrito con l’aria, si arroventa ed esse bruciano. Intorno alle meteore si produce un involucro di gas luminoso. Le scie di luce che solcano il cielo costituiscono il fenomeno delle “stelle cadenti”. Si presume che le meteore siano particelle solide appartenute a nuclei di comete. Gli sciami di meteore prendono il nome dalla costellazione che si trova in quel punto nel cielo da cui sembrano provenire. I meteoriti sono frammenti di materia di dimensioni considerevoli e peso notevole che, pur incendiandosi nell’atmosfera e disintegrandosi parzialmente, riescono a raggiungere la superficie terrestre, formando a volte grandi crateri. Secondo la loro composizione, vengono suddivise in meteoriti metalliche (ferro e nichel), litoidi (silicati), carbonacee (alto contenuto di carbonio) ecc.
La Luna, unico satellite naturale della Terra, ci appare in cielo come un disco con diametro circa uguale a quello del Sole, equivalente a circa 1⁄4 di quello della Terra. I Origine della Luna Sull’origine del nostro satellite sono state ipotizzate varie teorie; di esse, alcune hanno perso credibilità con il passare del tempo, altre sono state perfezionate con l’aumentare dei dati a nostra disposizione. Secondo la teoria della separazione, in origine la Terra era un corpo fluido, che ruotava su se stesso con una velocità superiore a quella attuale. Questa circostanza avrebbe prodotto sulla Terra una protuberanza, che a un certo momento si staccò formando la Luna. Questa teoria fu abbandonata quando si dimostrò che le resistenze di attrito avrebbero impedito alla protuberanza di raggiungere l’altezza necessaria. Non spiega, inoltre, come mai la Terra ruotasse tanto più velocemente rispetto a oggi e perché il piano dell’orbita lunare sia inclinato rispetto al piano dell’orbita terrestre; con tale teoria si giustificherebbe, però, la minor densità della Luna. La Luna può essere considerata come parte di un pianeta doppio formatosi per accumulo di particelle di materia, cresciuto contemporaneamente alla Terra, anche se più lentamente. Questa teoria è invalidata dalla circostanza per cui i valori della densità della Luna e della Terra sono molto diversi, fatto che indica una composizione complessiva differente, difficile da giustificare ipotizzando l’originaria formazione dallo stesso aggregato materiale. In base alla teoria della cattura, la Luna potrebbe essere un intruso proveniente dal sistema solare, che – giunto in vicinanza della Terra – è stato attratto dal suo campo gravitazionale. L’insieme di circostanze concomitanti necessarie per il verificarsi di questo fenomeno appare poco probabile, anche se questa teoria giustificherebbe la diversa composizione della Luna e della Terra. Secondo la teoria dell’accrescimento, la Luna si sarebbe formata in seguito all’aggregazione di particelle e polveri già orbitanti intorno alla Terra. È l’ipotesi ritenuta più plausibile.
Caratteristica | Valore |
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distanza dalla Terra | 384.400 km (media) |
distanza dalla Terra | 376.284 km (media) |
periodo di rivoluzione | 27,321 giorni |
periodo di rotazione | 27,321 giorni |
inclinazione assiale del piano equatoriale | 1° 32’ |
inclinazione orbitale | 5°09’ |
eccentricità orbitale | 0,0549 |
diametro | 3475,6 km |
diametro apparente visti dalla Terra | 33’31” (massimo) |
densità | 3,342 |
massa | 0,0123 |
volume | 0,0203 |
velocità di fuga | 2,38 km/s |
gravità alla superficie | 0,1653 |
albedo | 0,07 |
magnitudine media (Luna piena) | -12,7 |
La materia che costituisce la crosta lunare ha composizione chimica simile a quella della crosta terrestre (nelle rocce lunari portate sulla Terra, tutte di composizione basaltica, sono stati trovati solo tre nuovi minerali). La superficie lunare mostra zone chiare (tradizionalmente chiamate terre, o continenti) e zone scure (chiamate mari). Un’osservazione più attenta mostra grandi catene montuose, numerosi crateri e lunghi solchi. Le terre sono zone più chiare, accidentate e fittamente caratterizzate. Nelle terre ci sono catene montuose (che raggiungono anche 8000 m di altezza) e solchi. I mari sono zone pianeggianti, vaste, scure, lisce e approssimativamente circolari. Si tratta di giganteschi crateri di asteroidi riempiti dalla lava fuoriuscita dagli strati più profondi dopo l’impatto. La genesi di origine vulcanica è stata scartata, poiché i crateri lunari sembrano disposti a caso, mentre solitamente i vulcani terrestri si addensano e si allineano in regioni ben definite; le dimensioni sembrano poi troppo grandi perché vengano considerati edifici vulcanici. Analizzando il moto dei satelliti messi in orbita intorno alla Luna, si sono rilevate, in corrispondenza dei mari più circolari, anomalie di gravità, espresse da valori più elevati che dimostrano la presenza di forti concentrazioni di massa, battezzate mascon (mass concentration), probabilmente determinate da grossi meteoriti metallici che hanno originato i mari medesimi. La Luna non possiede atmosfera, che si è dispersa a causa della debole attrazione esercitata sulla materia gassosa dalla gravità lunare. Tale circostanza comporta alcune conseguenze:
Le informazioni raccolte dalle missioni Apollo e dagli studi con sonde senza equipaggio hanno portato alla definizione di un modello attendibile della struttura interna della Luna. Lo strato superficiale, formato da sabbia e polvere (regolite), raggiunge in alcuni punti anche 20 m di spessore. La profondità della crosta è in media di 60 km; al di sotto di essa si trova il mantello, che si estende a circa 1000 km di profondità. Procedendo ulteriormente verso l’interno, si incontra una zona parzialmente fusa (astenosfera). La parte più interna è il nucleo lunare, presumibilmente del diametro di circa 1000 km, ricco di ferro, probabilmente allo stato liquido e con temperature di circa 1500 °C. I sismometri lasciati sul suolo lunare nel corso di differenti missioni hanno registrato terremoti di tipo sia superficiale, sia profondo. Gli eventi sismici sono dovuti alla caduta di meteoriti e a sommovimenti che hanno luogo all’interno della Luna stessa. Questi ultimi sono più frequenti quando la Luna si trova più vicina alla Terra e sono pertanto attribuibili all’azione gravitazionale esercitata dal nostro pianeta.
La Luna compie tre movimenti principali: il moto di rivoluzione intorno alla terra, il moto di rotazione intorno al proprio asse e il moto di traslazione, insieme alla Terra, intorno al Sole.
Altri movimenti della Luna sono le librazioni. Sono leggere oscillazioni (od ondeggiamenti) che subisce la parte visibile della Luna come conseguenza delle caratteristiche dei suoi moti di rotazione e rivoluzione intorno alla Terra: come risultato, la porzione di superficie lunare effettivamente osservabile dal nostro pianeta è superiore al 50% (corrispondente all’emisfero che è sempre rivolto verso la Terra); in effetti, ci è possibile scorgere circa il 58% della superficie lunare. Ciò è dovuto, in particolare, a due circostanze:
l’asse di rotazione della Luna è inclinato (di oltre 6°) rispetto al piano della sua orbita, per cui dalla Terra noi vediamo alternativamente, nel corso della rivoluzione lunare, un po’ più del suo emisfero settentrionale e un po’ più del suo emisfero meridionale (librazione in latitudine)
mentre la Luna ruota intorno al proprio asse con velocità uniforme, nel moto di rivoluzione, con traiettoria ellittica, la velocità al perigeo è maggiore di quella posseduta all’apogeo (2 a legge di Keplero) e ciò permette di “sbirciare” qualcosa in più, sia verso est, sia verso ovest (librazione in longitudine).
Nel corso della sua rivoluzione intorno alla Terra, la Luna splende di luce solare riflessa e perciò può essere illuminata solo la metà lunare rivolta al Sole; tuttavia, eccetto che per breve tempo nel corso di ogni mese, la metà illuminata non è la stessa che sta di fronte alla Terra, ma cambia ogni giorno, passando, nel corso di circa due settimane, da una condizione di totale oscurità a una condizione di totale illuminazione; nelle due settimane successive avviene il contrario. Questi cambiamenti giornalieri nell’aspetto della Luna, vista da un osservatore terrestre, sono chiamati fasi lunari. Con il termine Luna nuova (o novilunio) si indica il momento in cui essa si trova in congiunzione, cioè tra il Sole e la Terra. Durante il novilunio la Luna non è visibile, perché ci mostra tutta la metà in ombra; inoltre, sorge e tramonta contemporaneamente al Sole. Successivamente entra in fase crescente: sulla Terra è visibile dapprima una sottile fascia luminosa a forma di falce, con convessità a ovest (“gobba a ponente”), che si amplia gradualmente fino a raggiungere la fase del primo quarto, all’incirca dopo una settimana. Dalla Terra vediamo la metà occidentale della sua faccia illuminata. In questo momento la Luna è a est del Sole, nasce a mezzogiorno e tramonta a mezzanotte. Dopo un’altra settimana è Luna piena (o plenilunio): ci appare come un disco completamente illuminato ed è situata in opposizione, cioè dalla parte opposta al Sole. Sorge al tramonto e cala all’alba. Nell’ultimo quarto la Luna ci mostra nuovamente una metà del disco illuminato, ma la metà orientale. Si trova a ovest del Sole, nasce a mezzanotte e tramonta a mezzogiorno. Infine, passa per la fase calante: la Luna assume la forma di falce sempre più ridotta, ma con convessità verso est (“gobba a levante”), fino a scomparire del tutto alla vista. Si è allora tornati alla fase di Luna nuova e inizia un altro ciclo. Le fasi di Luna nuova e piena sono dette sizigie, quelle del primo e ultimo quarto quadrature.
Quando la Luna, nel suo moto, si interpone tra il Sole e la Terra, in modo tale che si abbia un allineamento Sole-Luna-Terra, il cono d’ombra della Luna investe una parte della superficie terrestre e si verifica un’eclissi di Sole (quest’ultimo viene cioè occultato alla vista dalla Terra). Quando è la Terra a interporsi fra il Sole e la Luna, in modo che si abbia un allineamento Sole-Terra-Luna, il cono d’ombra della Terra si proietta sulla Luna e si verifica un’eclissi di Luna(la Luna, cioè, viene oscurata). Le eclissi possono essere totali o parziali: sono totali, quando il Sole è interamente coperto dalla Luna, o quando tutta la Luna è oscurata dall’ombra della Terra; sono parziali, quando l’allineamento Sole, Luna e Terra non è perfetto, per cui il cono d’ombra della Luna non copre interamente il Sole o quello della Terra non oscura completamente la Luna. La condizione perché si verifichi un’eclissi (di Sole o di Luna) è che la Luna venga a trovarsi in esatta corrispondenza (eclissi totale) o nelle vicinanze (eclissi parziale) di uno dei due nodi: se è in fase di congiunzione (novilunio), si verificherà un’eclissi di Sole; se è in fase di opposizione (plenilunio), si verifica un’eclissi di Luna. Un caso particolare è l’eclissi anulare, che avviene quando la Luna è in apogeo e il vertice del suo cono d’ombra non riesce a raggiungere la superficie terrestre. Sul disco solare si vedrà allora, proiettata centralmente, l’ombra della Luna. Poiché il disco lunare ha un diametro inferiore a quello del Sole, esso apparirà circondato da un anello brillante.
Le maree sono movimenti periodici di innalzamento (flusso) e abbassamento (riflusso) del livello marino, causati dall’attrazione combinata della Luna e del Sole sulla Terra (l’azione della Luna è circa 2,2 volte maggiore di quella del Sole; vedi anche riquadro). La massima altezza raggiunta dal livello del mare prende il nome di alta marea, mentre il massimo abbassamento di livello è detto bassa marea. Fra questi due estremi è calcolata l’ampiezza di marea, modesta nei mari chiusi (1-2 m), più ampia negli oceani (per esempio, 15 m lungo le coste dell’Europa atlantica, 20 m nella baia di Fundy, in Canada). Per la combinazione del moto rotatorio della Terra intorno al proprio asse e del moto orbitale della Luna, quest’ultima impiega 24 ore e 50 minuti a compiere un giro completo intorno alla Terra. Di conseguenza, in ogni punto delle superfici marine dovrebbero, in media, alternarsi teoricamente un flusso e un riflusso ogni 6 ore, 12 minuti, 30 secondi, cioè due alte maree e due basse maree nell’arco di 24 ore e 50 minuti. In pratica, il movimento delle maree non può verificarsi in modo regolare per una serie di motivi, tra cui, principalmente, la distribuzione irregolare degli oceani, l’inerzia delle acque, l’attrito esercitato su di esse dal fondo marino e la natura frastagliata delle coste. Tutto ciò provoca un ritardo nella propagazione del flusso (e del riflusso) e quindi nel raggiungimento del livello di alta marea (o bassa marea). Questo ritardo, variabile da luogo a luogo, viene chiamato ora di porto. Le linee che su una carta congiungono i punti delle coste in cui l’alta marea si verifica contemporaneamente sono chiamate linee cotidali.
La spiegazione del fenomeno delle maree è legata alla legge di gravitazione universale, che afferma che due corpi si attraggono con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. L’analisi, basata sulla teoria statica delle maree proposta da I. Newton, è molto schematizzata e spiega solo le caratteristiche principali del complesso fenomeno delle maree. Si considerino sulla Terra, coperta da uno strato uniforme di acqua, due punti opposti, P e P’, e che Terra e Luna siano costituenti di uno stesso sistema, che ruota attorno al Sole rispetto a un asse immaginario passante per il baricentro (posizionato in G dalla stessa parte della Luna): questo moto genera una forza centrifuga, tanto maggiore quanto più ci si allontana dall’asse di rotazione (figura sotto). Le forze in gioco sono l’attrazione gravitazionale e la forza centrifuga. I punti del meridiano su cui transita la Luna sono soggetti a un’attrazione gravitazionale elevata (perché la Luna è più vicina) e a una forza centrifuga di minore entità (baricentro vicino): le due forze si sommano, provocando un innalzamento delle acque (P). Dalla parte opposta, invece, l’attrazione lunare è minore, perché la Luna è più lontana, ma la forza centrifuga è molto grande e la somma delle due forze determina ancora un sollevamento delle acque (P’). Nei punti posti a 90° rispetto all’allineamento Terra-Luna, la somma delle forze in gioco dà, invece, una forza diretta verso il centro della Terra, che determina una bassa marea. Sul sistema Terra-Luna considerato fino a ora agisce anche la forza gravitazionale operata dal Sole. Se Luna e Sole, a causa dei loro moti, si vengono a trovare allineati dalla stessa parte rispetto alla Terra, oppure c’è allineamento Luna-Terra-Sole, la forza gravitazionale dovuta alle due masse sarà ancora più pronunciata (marea viva). Se, invece, Sole e Luna formano con la Terra 90° (primo e ultimo quarto), l’attrazione solare annulla in parte quella lunare e perciò le maree hanno un’ampiezza minima (marea morta).