4. Il sistema solare

Il sistema solare è costituito dal Sole e dall’insieme dei corpi celesti che gli gravitano intorno: i otto pianeti con i loro satelliti, una decina di pianeti nani, gli asteroidi e le comete. L’invio di numerose sonde spaziali ha permesso di estendere la nostra conoscenza sugli elementi del sistema solare e di raccogliere numerose informazioni riguardo alla loro origine, evoluzione, struttura e orbita.

Origine del sistema solare

I metodi di datazione radioattiva permettono di assegnare un’età massima di circa 4,5 x 109 anni alle rocce della Terra e di avanzare una stima analoga per l’età delle rocce lunari e di alcuni meteoriti. Per il Sole, studiando struttura ed evoluzione, si stima un’età massima di quasi 5 x 109 anni. Tenendo conto di questa concordanza tra i vari dati, si può affermare che i primi eventi collegati alla formazione dei pianeti ebbero inizio circa 4,6 miliardi di anni fa. Una teoria circa l’origine del sistema solare deve essere in grado di spiegare in modo coerente i seguenti tipi di osservazioni:

  • il sistema solare è isolato dagli altri oggetti celesti e costituito soprattutto di spazio vuoto, essendo la massa concentrata per il 99% nel Sole . i pianeti ruotano intorno al Sole e intorno al proprio asse, muovendosi su orbite che giacciono all’incirca su uno stesso piano (con poche eccezioni” title=” i pianeti si dividono in due gruppi, in funzione di massa e composizione
  • esiste una fascia di asteroidi che segna un limite tra i due gruppi di pianeti
  • le superfici dei corpi del sistema solare sono tormentate da crateri di svariate dimensioni, la cui età è di circa 4 miliardi di anni
  • i materiali reperiti mostrano un’età massima di 4,6 miliardi di anni Fra le teorie proposte in passato, quando i dati disponibili erano decisamente esigui rispetto a quelli attuali, si segnalano quella di Kant-Laplace e quella di Jeans.

Sistema solare, coi suoi 8 pianeti e alcuni pianeti nani

La teoria nebulare proposta da I. Kant (1755) e P. Laplace (1796) ipotizzava che il sistema solare avesse avuto origine da una nebulosa rotante e in contrazione, la nebulosa presolare, dalla quale per effetto centrifugo si sarebbero staccati degli anelli che avrebbero poi formato per condensazione pianeti e satelliti. Verso il 1900 J. Jeans sviluppò la teoria catastrofica, che prevedeva un evento violento, non ripetuto: l’incontro ravvicinato del Sole con un’altra stella, che avrebbe dato luogo a una colossale onda di marea, con conseguente estrazione di materia dalla massa solare, entro la quale si sarebbero poi formati i pianeti, più grandi al centro e più piccoli agli estremi. Tale teoria è oggi abbandonata: calcoli di verifica hanno dimostrato che il materiale espulso ad alta velocità si disperderebbe nello spazio, anziché condensare in pianeti. Ricerche condotte negli ultimi anni hanno permesso di fissare le grandi linee del presumibile processo che ha portato alla formazione dei pianeti. Oggi è concordemente accettata l’ipotesi (teoria dell’accumulazione) secondo cui, circa 5 miliardi di anni fa, il Sole e gli altri corpi del sistema solare si formarono contemporaneamente all’interno di una nube primordiale di gas e polveri, dotata di un lento moto di rotazione su se stessa. Come conseguenza di perturbazioni gravitazionali, la nube cominciò a collassare su se stessa e la sua velocità di rotazione andò aumentando man mano che le particelle di materia andavano “cadendo” verso il suo centro; per effetto della rotazione, la nube si contrasse e assunse la forma di un disco appiattito, al cui centro andava accumulandosi la maggior parte della materia originaria, mentre la materia residua andava condensandosi in una serie di anelli periferici ruotanti intorno al centro. A un certo punto, la massa centrale collassò su se stessa per effetto della gravità, dando origine al Sole. Negli anelli periferici si formarono i pianeti, come risultato di una complessa sequenza di processi di accumulazione e di aggregazione di polveri e di gas, dapprima in piccoli granuli e via via in corpi di massa maggiore (planetesimi): questi, attraendosi gravitazionalmente, formarono ammassi maggiori, i futuri pianeti. La nube è più fredda alla periferia e diventa più calda man mano che ci si avvicina al centro e tale differenza di temperatura determina differenze fra gli oggettiche si vanno formando. I corpi più vicini al Sole, posti quindi in una zona più calda, non furono in grado di trattenere un’atmosfera formata da elementi leggeri (idrogeno ed elio): si formarono così i pianeti minori, la Luna e gli asteroidi, tutti prevalentemente rocciosi. Nelle regioni più lontane, più fredde, si formarono i pianeti maggiori, costituiti soprattutto da acqua, metano e ammoniaca congelati, e le comete. Questa ipotesi rende conto, per esempio, della divisione tra pianeti terrestri, più densi, e pianeti giganti, prevalentemente gassosi. Nei corpi più densi di massa maggiore, come la Terra, ha luogo un’ulteriore evoluzione: il materiale addensato precipita verso il centro e il calore generato dagli elementi radioattivi, aumentando la temperatura, ne determina una fusione parziale. Questo altera la distribuzione interna del materiale; le parti più leggere tendono a “galleggiare” in superficie (crosta di silicati), mentre quelle più pesanti, separandosi, si distribuiscono verso il centro (nucleo metallico).

Elaborazione artistica raffigurante un disco protoplanetario

Il Sole

Il Sole, collocato al centro del sistema planetario, si presenta come una gigantesca sfera di gas ionizzati (plasma) che irraggia energia sotto forma di radiazioni elettromagnetiche e corpuscolari. Da essa deriva la maggior parte dell’energia che si manifesta e che viene utilizzata sulla Terra. Il Sole è una stella della sequenza principale, di tipo spettrale G2 (quinta classe di luminosità), quindi di colore giallo. Ha un raggio di circa 696.500 km (pari a 109 volte il raggio della Terra) e una massa di 1,99 x 1030 kg (equivalente a circa 330 000 volte la massa terrestre e a 750 volte la massa di tutti i corpi del sistema solare). La densità media solare è di 1,41 g/cm3 , 14 della densità media della Terra. La temperatura superficiale è di circa 5700 °C. L’accelerazione di gravità sulla superficie è 28 volte quella terrestre.

Le principali caratteristiche del Sole.
Caratteristiche Valore
raggio 696 500 km (109 volte quello terrestre)
massa 2 x 1033 g (333 400 volte quella terrestre)
densità media 1,41 g/cm3 (un quarto di quella terrestre)
temperatura superficiale 5700 °C, fino a 2500 °C per le macchie solari
accelerazione di gravità alla superficie 274 m/s2 (28 volte quella terrestre)
distanza dalla Terra da 147,1 a 152,1 milioni di km
diametro angolare apparente del disco da 31'27" a 32'30"

Il Sole agli ultravioletti (falsi colori)

Struttura interna

Come le altre stelle, il Sole è una sfera di gas ad altissima temperatura, la cui materia è tenuta insieme dall’attrazione gravitazionale. Si distingue una parte interna, non visibile, e una parte esterna (atmosfera solare). Nella parte interna si ipotizza la presenza di un nucleo, in cui avvengono le reazioni di fusione termonucleare che generano l’energia della stella. Intorno al nucleo si estende la zona di radiazione, o zona radiativa, un guscio sferico di gas, in cui l’energia, emessa prevalentemente sotto forma di raggi gamma, viene continuamente assorbita e riemessa dal gas. Segue uno strato in cui l’energia viene trasportata attraverso i moti convettivi dei gas, detto zona di convezione, o zona convettiva, spessa circa il 30% del raggio solare. Del Sole è visibile solo la parte più esterna, composta di tre strati che, andando dall’interno all’esterno, sono la fotosfera, la cromosfera e la corona; cromosfera e corona costituiscono l’atmosfera solare, struttura complessa e sede di processi violenti e variabili nel tempo. La radiazione continua del Sole ha origine nella fotosfera (dal greco, sfera di luce), strato più basso dell’atmosfera e spesso poche centinaia di chilometri, con temperature di circa 4300-9000 °C. Tipiche della fotosfera sono le macchie solari: zone che appaiono più scure sulla superficie del Sole per contrasto con la fotosfera circostante. Queste aree, alle quali è associato un elevatissimo campo magnetico, possiedono un nucleo centrale (ombra) circondato da una regione chiara (penombra). La loro posizione varia nel tempo per effetto della rotazione del Sole, variabile in funzione della latitudine. Nel 1850 si scoprì che il numero totale di macchie visibili sulla superficie solare varia da un valore massimo a uno minimo secondo una ciclicità di 11 anni (ciclo di attività solare). Al di sopra della fotosfera si estende la cromosfera, regione di gas rarefatto spessa 2000 km, con strutture allungate (spicole) che si innalzano fino a 10.000 km. Nella cromosfera la temperatura media sale a circa 15.000 °C. La corona, ultimo strato del Sole, è costituita da gas estremamente rarefatto e la temperatura è dell’ordine del milione di gradi. La corona è visibile durante le eclissi totali di Sole (o usando particolari strumenti, i coronografi).

Spaccato dell’interno del Sole

Attività solare

Il gas, riscaldato dalla radiazione che proviene dall’interno del nucleo, si muove convettivamente, generando nella fotosfera una serie di celle chiare (la testa superiore della colonna ascendente di gas caldo) e zone circostanti scure (là dove il gas, raffreddandosi, si reimmerge); questa struttura viene chiamata granulazione. Eventi più spettacolari sono le protuberanze, grandi emissioni di materia che si allontana dal Sole fino a decine di migliaia di chilometri di altezza, e i brillamenti, violenti aumenti di luminosità in una piccola regione della cromosfera e della corona, accompagnati da emissioni di raggi X e particelle accelerate e correlati a sottostanti macchie solari. La corona, a causa della sua altissima temperatura, si espande nello spazio formando il vento solare, un flusso di particelle e campi magnetici che si estende per tutto il sistema solare. Perturbazioni nel vento solare che giunge alla Terra innescano tempeste geomagnetiche, che agiscono sul campo magnetico terrestre, e le aurore polari, colorati drappeggi di luce che si formano nella nostra atmosfera a qualche decina di chilometri di quota (fra la mesosfera e la termosfera). Si ritiene che le manifestazioni di attività solare siano pilotate dalla disposizione, dall’intensità e dal comportamento dei campi magnetici presenti in prossimità della superficie solare. L’energia totale irraggiata dal Sole è determinata in base alla costante solare, che è la quantità di energia che nell’unità di tempo colpisce l’unità di area situata al di fuori dell’atmosfera terrestre e posta perpendicolarmente alla direzione dei raggi solari; il valore della costante solare è di 1,374 kW/m2 al minuto. Complessivamente, la quantità di energia che il Sole irradia annualmente entro l’atmosfera terrestre è di 5,47 x 1024 joule e di essa circa il 70% raggiunge la superficie terrestre.

Anelli coronali ripresi dalla sonda TRACE con un filtro a 171 Å (NASA)

I pianeti

I pianeti (dal greco planào, vagare) del sistema solare si distinguono dalle stelle fisse in quanto si muovono sulla volta del cielo. Si conoscono otto pianeti: Mercurio, Venere, Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno. A seconda che le loro orbite siano maggiori o minori di quella terrestre, i pianeti sono distinti in pianeti esterni, o superiori (da Marte a Nettuno), e pianeti interni, o inferiori (Mercurio e Venere). In base ad analogie nella costituzione fisica, i vari pianeti si possono suddividere in pianeti terrestri (Mercurio, Venere, Terra e Marte) e pianeti gioviani (Giove, Saturno, Urano e Nettuno); di questi i primi tre sono anche detti pianeti giganti per le loro dimensioni, di vari ordini di grandezza superiori a quelle della Terra. Il sistema solare comprende anche asteroidi o pianetini (detti anche pianeti minori) e corpi minori, tra cui comete, meteore e meteoriti

Caratteristiche principali dei pianeti del sistema solare (Terra = 1)
Pianeta Distanza Media dal Sole Diametro Equatoriale Massa Volume Atmosfera Periodo di Rotazione Periodo di Rivoluzione Gravità
Mercurio 57,9 4880 0.055 0,06 nessuna 59g 88g 0,37
Venere 108,2 12.104 0.815 0,86 biossido di carbonio 243g 224,7g 0,88
Terra 149,6 12.756 1 1 azoto, ossigeno 23h 56m 356,26g 1
Marte 227,9 6787 0,108 0,15 biossido di carbonio 24h 37m 687 g 0,38
Giove 778,3 142.800 317,9 1316 idrogeno, elio 9h 50,5m 11,86 anni 2,64
Saturno 1427 120.000 95,2 755 idrogeno, 10h 14m 29,46 anni 1,13
Urano 2869,6 51.800 14,6 67 idrogeno, elio, metano 16h 84 anni 1,17
Nettuno 4496,6 49.200 17,2 61 idrogeno, elio, metano 16h 164 anni 1,18

Distanza dei pianeti del sistema solare, in scala

Leggi che governano i moti dei pianeti

Nell’antichità, l’universo era rappresentato come un insieme di sfere concentriche rispetto alla Terra e su ognuna era localizzato un “astro”; il tutto era poi racchiuso da una sfera opaca con fori, attraverso i quali giungeva la luce dell’empireo. Tali concezioni sono esposte dal matematico, astronomo e geografo greco C. Tolomeo (I secolo d.C.). Tolomeo colloca la Terra, immobile, al centro dell’universo; intorno a essa ruotano la Luna, Mercurio, Venere, il Sole, Marte, Giove, Saturno e la sfera delle stelle fisse. Questo “modello”, noto come sistema tolemaico, (o sistema geocentrico), venne accettato fino al XVII secolo, quando ne fu dimostrata l’infondatezza a fronte del nuovo modello proposto da N. Copernico (1473-1543), noto come sistema copernicano (o sistema eliocentrico), secondo cui la Terra e gli altri pianeti si muovono intorno al Sole, descrivendo traiettorie dette orbite (un moto orbitale completo di un pianeta intorno al Sole è chiamato rivoluzione). Il tempo impiegato a percorrere un’intera orbita è detto periodo di rivoluzione (per esempio, il periodo di rivoluzione della Terra è pari a un anno). Le caratteristiche del moto dei pianeti nel sistema solare sono state definite all’inizio del Seicento dall’astronomo tedesco G. Keplero (1571-1630). Sulla base dell’osservazione diretta del cielo, egli individuò tre leggi che descrivono il movimento dei pianeti.

Le leggi di Keplero

La prima legge di Keplero sostiene che l’orbita di ciascun pianeta è un’ellisse di cui il Sole occupa uno dei fuochi. Percorrendo la propria orbita ellittica, ciascun pianeta viene a trovarsi a distanze diverse dal Sole, che variano tra due posizioni estreme: quella di massima distanza è l’afelio; quella di minima distanza è il perielio. La seconda legge di Keplero afferma che ciascun pianeta si muove sulla propria orbita con velocità variabile: più rapidamente quando è più vicino al Sole, più lentamente quando è più lontano. La terza legge di Keplero sostiene che i pianeti più vicini al Sole si muovono sulle proprie orbite più velocemente di quelli più lontani. I rapporti fra tali velocità sono regolati da una legge matematica: il rapporto fra i quadrati dei periodi di rivoluzione di due pianeti qualsiasi è uguale al rapporto fra i cubi delle loro distanze medie dal Sole. Le tre leggi, frutto dell’osservazione diretta del moto dei pianeti nel cielo, descrivono come si muove un pianeta intorno a una stella, ma non ci dicono cosa determina tale movimento.

La legge di gravitazione universale

Nel 1687 I. Newton (1642-1727) scoprì che il Sole, dotato di una massa molto grande, trattiene i pianeti e li costringe a ruotargli intorno. La legge di gravitazione universale viene così espressa: due corpi si attraggono con forza direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato delle loro distanze. La più semplice verifica della legge di Newton è la forza di gravità agente sulla Terra: qualsiasi oggetto tende a cadere al suolo appunto perché è attratto dalla massa del nostro pianeta. Nel caso del sistema solare, i piccoli pianeti dovrebbero essere attratti dalla grande massa del Sole e cadervi sopra. Ma ciò non accade, perché tale forza di attrazione (detta anche centripeta, in quanto diretta verso il Sole che è al centro del sistema) è perfettamente bilanciata dalla forza centrifuga sviluppata dal moto di rivoluzione dei pianeti. I pianeti più vicini al Sole, e quindi attratti da una forza gravitazionale centripeta maggiore, devono controbilanciarla sviluppando una forza centrifuga opposta, tramite un movimento rotatorio più veloce. I pianeti più distanti e attratti da una forza minore possono ruotare più lentamente (seconda legge di Keplero).

Satelliti e proiettili, tutti obbediscono alla legge di gravitazione di Newton

Pianeti terrestri

Da sinistra: Mercurio, Venere, Terra e Marte

  • Mercurio: è il pianeta più interno del sistema solare, poco conosciuto fino ai passaggi della sonda Mariner 10 (1974 e 1975), poiché le piccole dimensioni e la vicinanza al Sole ne rendono difficile l’osservazione; esso sorge e tramonta entro circa 1 ora dal levare e dal tramontare del Sole e deve perciò essere osservato basso sull’orizzonte. Ciò fa sì che la sua immagine da Terra sia disturbata dalla turbolenza atmosferica. La temperatura superficiale varia da più di 327 °C nell’emisfero posto al Sole a un minimo di -103 °C nell’emisfero in ombra. L’orbita è notevolmente ellittica e non possiede satelliti. Mercurio è molto simile alla Luna: mostra una superficie coperta da crateri di impatto meteorico, conservatisi intatti per miliardi di anni data l’assenza di acqua e atmosfera, con pianure estese, probabilmente di origine vulcanica (anche se non è stata osservata la presenza di vulcani attivi). Possiede una tenue atmosfera, composta essenzialmente da gas nobili, catturati dal vento solare o emessi da rocce per decadimento radioattivo. Mercurio ha un periodo di rivoluzione siderale di 88 giorni terrestri e ruota attorno a se stesso con un periodo di 58,6 giorni, (intervallo pari ai 23 di quello di rivoluzione siderale”)
  • Venere: ha dimensioni, massa e densità abbastanza vicine a quelle della Terra, ma la sua temperatura superficiale di circa 477 °C ne rende improbabile lo sviluppo della vita così come noi lo intendiamo. Venere non possiede satelliti. L’atmosfera venusiana, densa e spessa più di 80 km, composta quasi interamente da anidride carbonica (o diossido di carbonio, CO2), impedisce di osservare dalla Terra la sua superficie. Le nubi che la compongono sono formate da goccioline di acido solforico e acqua e sono in grado di intrappolare una frazione dell’energia solare incidente. Venere possiede catene montuose: la massima elevazione è il Monte Maxwell, alto 11 km. È stata rilevata la presenza di vulcani attivi. La rotazione è retrograda, cioè avviene in senso opposto a quello del moto orbitale.
  • Terra: la sua è, in prima approssimazione, quella di un ellissoide di rotazione; essa possiede inoltre una struttura interna stratificata (suddivisa in crosta, mantello e nucleo). Il campo magnetico, prevalentemente dipolare, ha origine quasi certamente nell’effetto dinamo ad autoeccitazione, dovuto al movimento di cariche elettriche nel fluido conduttore presente all’interno del nucleo. L’atmosfera terrestre è formata per circa 15 da ossigeno e per circa 45 da azoto. La Terra possiede un suo satellite, la Luna, privo sia di acqua, sia di atmosfera. Marte è riconoscibile per il caratteristico colore rossastro; Marte ha due calotte chiare ai poli, formate da ghiaccio di acqua e anidride carbonica, le cui dimensioni variano con l’alternarsi delle stagioni. Il suo diametro è circa metà di quelli di Terra e Venere, poco più grande di quello di Mercurio.
  • Marte: è un pianeta geologicamente attivo (sulla sua superficie è stata rilevata un’intensa attività vulcanica); non si osserva la presenza di acqua allo stato liquido. Nell’atmosfera prevale l’anidride carbonica, con piccole quantità di azoto, ossigeno, monossido di carbonio e argo. Nel 1877 l’astronomo italiano G. Schiapparelli (1835-1910) credette di scoprire una rete di “canali” quasi rettilinei, che solcano la superficie congiungendo piccole “oasi”. Queste osservazioni fecero avanzare l’ipotesi che i canali potessero essere opera di esseri intelligenti. Oggi sappiamo che i canali di Schiapparelli sono la conseguenza di un effetto ottico. Marte possiede due satelliti, Phobos e Deimos, di forma irregolare e superficie segnata da crateri.

Struttura interna dei pianeti rocciosi

Pianeti gioviani

Dal basso: Giove, Saturno, Urano e Nettuno

  • Giove: è il più grande dei pianeti; rispetto alla Terra possiede una massa 318 volte maggiore e il diametro equatoriale è superiore di oltre 11 volte. Giove ha una struttura fluida; il nucleo è composto da ferro e silicati. L’atmosfera di Giove ha una struttura a strati; il suo caratteristico aspetto a zone bianco-giallastre e fasce bruno-rossicce, che si alternano parallelamente spostandosi a velocità differenti, è dovuto alla massa fluida e a nubi che ruotano a velocità diverse. La caratteristica più evidente dello strato superiore dell’atmosfera di Giove consiste in una grande macchia rossastra di forma ellittica: si tratta di un gigantesco ciclone, che si mantiene straordinariamente stabile nel tempo (fu osservato già nel Seicento con i primi telescopi). Giove ha un forte appiattimento polare, dovuto all’alta velocità di rotazione, e un caratteristico campo magnetico. I satelliti di Giove conosciuti sono 16. Fra questi, hanno particolare rilievo quelli scoperti da Galileo: Io, Europa, Ganimede e Callisto (in ordine di distanza crescente da Giove). Ganimede ha diametro più grande del pianeta Mercurio; gli altri hanno tutti dimensioni maggiori della Luna. Io, Europa e Ganimede possiedono un’atmosfera; su Io sono stati rilevati vulcani attivi. Su Europa, Ganimede e Callisto vi è acqua allo stato solido in abbondanza; Europa potrebbe possedere anche acqua allo stato liquido. Ganimede e Callisto mostrano una superficie solida tormentata (la crosta di entrambi si è solidificata da tempo). Giove possiede un anello, simile ai ben noti anelli di Saturno e probabilmente costituito da particelle di polvere.
  • Saturno: è caratterizzato da uno spettacolare sistema di anelli. La sua distanza dal Sole è circa il doppio rispetto a quella di Giove. Ha, come gli altri pianeti giganti, una bassa densità. Gli anelli di Saturno furono intravisti da G. Galilei (che però non li riconobbe come tali) e studiati dettagliatamente dall’astronomo italiano G. D. Cassini (1625-1712).Essi sono formati da aggregati di particelle estremamente sottili e non da corpi solidi; sono costituiti principalmente da frammenti di ghiaccio d’acqua mescolati con polvere di silicati. Si conosce l’esistenza di 18 satelliti di Saturno, ma è probabile che ce ne siano altri. Si distinguono in satelliti regolari, con orbita quasi circolare sul piano equatoriale del pianeta, e in satelliti irregolari. Titano è il più grande (maggiore di Mercurio) e luminoso; si presenta avvolto in una densa atmosfera formata da azoto e metano, che impedisce l’osservazione della superficie.
  • Urano: fu scoperto casualmente nel 1781 da F.W. Herschel (1738-1822). È un pianeta gigante, come Giove, Saturno e Nettuno, ma a differenza di questi non ha apprezzabili sorgenti interne di calore. Caratteristica del pianeta è il grande valore dell’inclinazione dell’asse di rotazione sul piano orbitale, per cui volge al Sole per lunghi periodi o l’uno o l’altro polo. Lo strato superiore della sua atmosfera, composta prevalentemente da idrogeno ed elio, è di colore verde-azzurro.
  • Nettuno: fu scoperto nel 1846 dall’astronomo tedesco J.G. Galle (1812-1910) sulla base di previsioni teoriche, formulate indipendentemente l’uno dall’altro dall’inglese J.C. Adams (1819-92) e dal francese U. Le Verrier (1811-77), che avevano analizzato le perturbazioni dell’orbita di Urano. Al telescopio il pianeta ha l’aspetto di un piccolo disco verdastro, molto simile a Urano. L’atmosfera mostra la presenza di metano. Nulla si conosce sulla sua struttura interna. È circondato da quattro deboli anelli e possiede due satelliti: Tritone e Nereide.

Struttura interna dei pianeti gioviani

Pianeti nani

Secondo la risoluzione approvata nella 26a Assemblea Generale dell’I.A.U., tenutasi il 24 Agosto 2006 a Praga, il sistema solare è composto da una nuova categoria di corpi celesti: quella dei pianeti nani. Essi sono oggetti del sistema solare che al pari dei pianeti hanno una massa capace di mantenere una struttura rigida, rotonda e resistente alle proprie forze gravitazionali, ma non sufficiente a ripulire la loro orbita dai corpi minori che si trovano nelle proprie vicinanze. Cinque sono i pianeti nani sinora classificati: Plutone, retrocesso al rango di pianeta nano, Ceres promosso da primo asteroide a pianeta nano, Haumea, Makemake e quindi Eris. Tuttavia altre centinaia di oggetti sono al vaglio degli astronomi per essere classificati come nuovi pianeti nani e fra di essi: i transnettuniani Sedna, Quaoar ed Orcus e gli asteroidi Vesta, Pallas ed Igeia. Oltre all’orbita di Nettuno si trova Plutone, già il pianeta più esterno del sistema solare e dal 2006 pianeta nano, scoperto nel 1930 da C. Tombaugh. Ha l’orbita più inclinata rispetto al piano dell’eclittica e più eccentrica fra tutti i pianeti del sistema solare. La distanza media dal Sole è di 5900 milioni di km. Plutone possiede un satellite, Caronte, di massa e dimensioni simili a Plutone stesso, con il quale forma un pianeta doppio. Il suolo di Plutone è probabilmente coperto da metano ghiacciato (infatti, nel periodo in cui il pianeta è più vicino al Sole, quindi più riscaldato, sviluppa una debole atmosfera di metano). Nel gennaio 2006 la NASA ha lanciato la sonda New Horizons alla volta di Plutone. L’incontro con il pianeta è avvenuto il 14 luglio 2015: percorsi cinque miliardi di chilometri, è passata a una distanza minima di 12.500 km dalla superficie del pianeta nano per riprendere immagini ravvicinate della sua superficie

I 12 corpi indicati come potenziali pianeti secondo la prima bozza di proposta dell'UAI. Da notare che i primi due, Haumea e Makemake, sono stati in seguito identificati come pianeti nani

  • Haumea è stato scoperto nel Marzo 2003 al Sierra Nevada Observatory in Spagna ed originariamente nominato come l’oggetto 2003 EL61. Esso è uno dei corpi più veloci del sistema solare. Completa, infatti, una rotazione attorno al proprio asse ogni 4 ore. Come Plutone, esso orbita attorno al Sole nella fascia di Kuiper, al di là dell’orbita di Nettuno, con un periodo orbitale di 282 anni terrestri. Probabilmente composto da un nucleo roccioso ricoperto da ghiacci, ha due satelliti: Hi’aka e Namaka.
  • Come Plutone ed Haumea, anche Makemake fa parte della cintura di Kuiper orbitando attorno al Sole con un periodo orbitale di 306 anni terrestri. Scoperto nel Marzo 2005 al Palomar Observatory, dal 2008 è stato designato dall’I.A.U. come facente parte della categoria dei pianeti nani. All’osservazione telescopica si presenta come un corpo celeste dal colore rossastro probabilmente causato dalla presenza di particolari molecole, le tholens, a loro volta generate dall’interazione della luce solare ultravioletta con etano e metano, presenti sulla superficie del pianeta nano insieme all’azoto, sotto forma di ghiaccio.
  • Per molto tempo candidato a diventare il decimo pianeta del sistema solare, Eris è stato scoperto nel Gennaio 2005 su immagini riprese nell’Ottobre 2003, ed ha assunto l’attuale denominazione nel Settembre 2006 dopo essere stato classificato subito dopo la sua scoperta come l’oggetto 2003 UB313. Esso è un oggetto transnettuniano dislocato oltre la fascia di Kuiper ed appartenente al cosiddetto disco diffuso. Il suo diametro è di 2326 km, mentre la sua distanza dal Sole ammonta a 68,012 UA. Il perielio e l’afelio dell’orbita si trovano rispettivamente a 37,78 UA e 97,56 UA dal Sole con un periodo orbitale che è pari a 560,9 anni ed una inclinazione orbitale di 43,8°. Simile a Plutone come composizione chimica, e poco più grande di esso, è attualmente il maggior pianeta nano del sistema solare ed ha un compagno denominato Dysnomia.

La fascia degli asteroidi

Gli asteroidi (o pianetini) sono piccoli corpi rocciosi di forma irregolare, residui delle prime fasi della storia del sistema solare, che ruotano intorno al Sole su orbite per lo più intermedie tra quella di Marte e quella di Giove; la maggior parte non supera qualche decina di km di diametro, mentre una trentina circa ha un diametro maggiore di 200 km. Due gruppi di pianetini, detti Troiani, descrivono quasi la stessa orbita di Giove e restano sempre a un’uguale distanza dal pianeta e dal Sole. Altri descrivono ellissi molto allungate e si spingono verso i limiti del sistema planetario. Sembra probabile l’ipotesi che essi si siano originati dalla nube primordiale di gas che ha formato il sistema solare; in seguito, non sarebbero riusciti a raccogliersi in un unico corpo a causa delle forti perturbazioni generate dalla forza gravitazionale del pianeta Giove. Gli asteroidi vengono classificati in vari tipi a seconda degli elementi chimici più abbondanti sulla loro superficie (carbonacei, silicacei e metallici). Al primo asteroide, scoperto nel 1801, se ne sono aggiunte molte migliaia e di circa 2000 è stata determinata l’orbita.

La fascia principale degli asteroidi (in fucsia) si trova tra le orbite di Marte e Giove

Corpi minori del sistema solare: comete, meteore, meteoriti

Le comete (dal greco kométes, fornito di chioma) sono i più spettacolari fra i costituenti minori che gravitano intorno al Sole su orbite ellittiche di grande eccentricità. È ipotesi diffusa che si siano formate contemporaneamente al Sole e ai pianeti in una “nube” di nuclei cometari che circonda il sistema planetario e che si estende fino a quasi 2,5 anni luce di distanza dal Sole (nube di Oort, dal nome dell’astronomo danese J. Oort). Si tratta di corpi con massa relativamente piccola, concentrata in un nucleo di forma irregolare. Il nucleo è paragonabile a una massa spugnosa, costituita prevalentemente da acqua ghiacciata mista a diossido di carbonio, monossido di carbonio, metano e ammoniaca, tutti in forma solida; nel nucleo sono inoltre imprigionati frammenti solidi (polveri). Quando una cometa si avvicina al Sole, il suo nucleo sublima, formando una nube di vapori, la chioma, che avvolge la cometa; per la pressione esercitata dal vento solare, la chioma viene sospinta in direzione opposta a quella del Sole formando una lunga coda. In base al loro periodo di rivoluzione intorno al Sole le comete vengono suddivise in:

  • comete di breve periodo (meno di 20 anni)
  • comete di periodo intermedio (da 20 a 200 anni)
  • comete di lungo periodo (da 200 a 1.000.000 di anni)
  • comete con orbite quasi paraboliche

Le meteore sono costituite da frammenti di roccia di varie dimensioni appartenenti al sistema solare, che si muovono ad alta velocità nello spazio. Quando entrano in contatto con l’atmosfera terrestre, la loro superficie, per l’attrito con l’aria, si arroventa ed esse bruciano. Intorno alle meteore si produce un involucro di gas luminoso. Le scie di luce che solcano il cielo costituiscono il fenomeno delle “stelle cadenti”. Si presume che le meteore siano particelle solide appartenute a nuclei di comete. Gli sciami di meteore prendono il nome dalla costellazione che si trova in quel punto nel cielo da cui sembrano provenire. I meteoriti sono frammenti di materia di dimensioni considerevoli e peso notevole che, pur incendiandosi nell’atmosfera e disintegrandosi parzialmente, riescono a raggiungere la superficie terrestre, formando a volte grandi crateri. Secondo la loro composizione, vengono suddivise in meteoriti metalliche (ferro e nichel), litoidi (silicati), carbonacee (alto contenuto di carbonio) ecc.

La Luna

La Luna in plenilunio

La Luna, unico satellite naturale della Terra, ci appare in cielo come un disco con diametro circa uguale a quello del Sole, equivalente a circa 14 di quello della Terra. I Origine della Luna Sull’origine del nostro satellite sono state ipotizzate varie teorie; di esse, alcune hanno perso credibilità con il passare del tempo, altre sono state perfezionate con l’aumentare dei dati a nostra disposizione. Secondo la teoria della separazione, in origine la Terra era un corpo fluido, che ruotava su se stesso con una velocità superiore a quella attuale. Questa circostanza avrebbe prodotto sulla Terra una protuberanza, che a un certo momento si staccò formando la Luna. Questa teoria fu abbandonata quando si dimostrò che le resistenze di attrito avrebbero impedito alla protuberanza di raggiungere l’altezza necessaria. Non spiega, inoltre, come mai la Terra ruotasse tanto più velocemente rispetto a oggi e perché il piano dell’orbita lunare sia inclinato rispetto al piano dell’orbita terrestre; con tale teoria si giustificherebbe, però, la minor densità della Luna. La Luna può essere considerata come parte di un pianeta doppio formatosi per accumulo di particelle di materia, cresciuto contemporaneamente alla Terra, anche se più lentamente. Questa teoria è invalidata dalla circostanza per cui i valori della densità della Luna e della Terra sono molto diversi, fatto che indica una composizione complessiva differente, difficile da giustificare ipotizzando l’originaria formazione dallo stesso aggregato materiale. In base alla teoria della cattura, la Luna potrebbe essere un intruso proveniente dal sistema solare, che – giunto in vicinanza della Terra – è stato attratto dal suo campo gravitazionale. L’insieme di circostanze concomitanti necessarie per il verificarsi di questo fenomeno appare poco probabile, anche se questa teoria giustificherebbe la diversa composizione della Luna e della Terra. Secondo la teoria dell’accrescimento, la Luna si sarebbe formata in seguito all’aggregazione di particelle e polveri già orbitanti intorno alla Terra. È l’ipotesi ritenuta più plausibile.

Principali caratteristiche della Luna
Caratteristica Valore
distanza dalla Terra 384.400 km (media)
distanza dalla Terra 376.284 km (media)
periodo di rivoluzione 27,321 giorni
periodo di rotazione 27,321 giorni
inclinazione assiale del piano equatoriale 1° 32’
inclinazione orbitale 5°09’
eccentricità orbitale 0,0549
diametro 3475,6 km
diametro apparente visti dalla Terra 33’31” (massimo)
densità 3,342
massa 0,0123
volume 0,0203
velocità di fuga 2,38 km/s
gravità alla superficie 0,1653
albedo 0,07
magnitudine media (Luna piena) -12,7

La superficie della Luna

La materia che costituisce la crosta lunare ha composizione chimica simile a quella della crosta terrestre (nelle rocce lunari portate sulla Terra, tutte di composizione basaltica, sono stati trovati solo tre nuovi minerali). La superficie lunare mostra zone chiare (tradizionalmente chiamate terre, o continenti) e zone scure (chiamate mari). Un’osservazione più attenta mostra grandi catene montuose, numerosi crateri e lunghi solchi. Le terre sono zone più chiare, accidentate e fittamente caratterizzate. Nelle terre ci sono catene montuose (che raggiungono anche 8000 m di altezza) e solchi. I mari sono zone pianeggianti, vaste, scure, lisce e approssimativamente circolari. Si tratta di giganteschi crateri di asteroidi riempiti dalla lava fuoriuscita dagli strati più profondi dopo l’impatto. La genesi di origine vulcanica è stata scartata, poiché i crateri lunari sembrano disposti a caso, mentre solitamente i vulcani terrestri si addensano e si allineano in regioni ben definite; le dimensioni sembrano poi troppo grandi perché vengano considerati edifici vulcanici. Analizzando il moto dei satelliti messi in orbita intorno alla Luna, si sono rilevate, in corrispondenza dei mari più circolari, anomalie di gravità, espresse da valori più elevati che dimostrano la presenza di forti concentrazioni di massa, battezzate mascon (mass concentration), probabilmente determinate da grossi meteoriti metallici che hanno originato i mari medesimi. La Luna non possiede atmosfera, che si è dispersa a causa della debole attrazione esercitata sulla materia gassosa dalla gravità lunare. Tale circostanza comporta alcune conseguenze:

  • la temperatura della superficie lunare presenta oscillazioni assai pronunciate (di circa 270 °C nell’arco di un giorno lunare, da massimi di 120 °C a minimi di –150 °C durante la notte)
  • i fenomeni di erosione sulla superficie lunare sono assenti
  • i fenomeni acustici non possono prodursi
  • osservate dalla Luna, le stelle presentano un aspetto più lucente e puntiforme (la loro immagine non è soggetta a fenomeni di “tremolio”, dovuti a movimenti dell’aria).

La struttura interna

Le informazioni raccolte dalle missioni Apollo e dagli studi con sonde senza equipaggio hanno portato alla definizione di un modello attendibile della struttura interna della Luna. Lo strato superficiale, formato da sabbia e polvere (regolite), raggiunge in alcuni punti anche 20 m di spessore. La profondità della crosta è in media di 60 km; al di sotto di essa si trova il mantello, che si estende a circa 1000 km di profondità. Procedendo ulteriormente verso l’interno, si incontra una zona parzialmente fusa (astenosfera). La parte più interna è il nucleo lunare, presumibilmente del diametro di circa 1000 km, ricco di ferro, probabilmente allo stato liquido e con temperature di circa 1500 °C. I sismometri lasciati sul suolo lunare nel corso di differenti missioni hanno registrato terremoti di tipo sia superficiale, sia profondo. Gli eventi sismici sono dovuti alla caduta di meteoriti e a sommovimenti che hanno luogo all’interno della Luna stessa. Questi ultimi sono più frequenti quando la Luna si trova più vicina alla Terra e sono pertanto attribuibili all’azione gravitazionale esercitata dal nostro pianeta.

Struttura interna della Luna

I movimenti della Luna

La Luna compie tre movimenti principali: il moto di rivoluzione intorno alla terra, il moto di rotazione intorno al proprio asse e il moto di traslazione, insieme alla Terra, intorno al Sole.

  • Il moto di rivoluzione si svolge, in senso antiorario, lungo un’orbita ellittica (dove la Terra occupa uno dei fuochi dell’ellisse), il cui piano è inclinato di poco più di 5° rispetto al piano dell’orbita terrestre (eclittica). Nel corso di una rivoluzione completa, la Luna interseca il piano dell’eclittica in due punti, detti nodi, la cui congiungente è chiamata linea dei nodi. Durante la rivoluzione, la distanza fra la Terra e la Luna varia da un minimo (perigeo) a un massimo (apogeo) e, mediamente, è di circa 384000 km. Per il calcolo della durata del periodo di rivoluzione della Luna, bisogna distinguere i due casi in cui la posizione del satellite viene riferita a una stella fissa (rivoluzione siderea) oppure all’allineamento Terra-Sole (rivoluzione sinodica). Nel primo caso, il periodo di rivoluzione risulta di 27 giorni, 7 ore, 43 minuti e 12 secondi (mese sidereo); nel secondo, il periodo risulta maggiore di altri due giorni, per la precisione 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi (mese sinodico): infatti, mentre la Luna compie la sua orbita, la Terra si sposta lungo l’eclittica di un certo angolo e, affinché la Luna possa presentarsi nella stessa posizione rispetto all’allineamento Terra-Sole (per esempio, nella fase di Luna nuova, vedi oltre), deve, alla scadenza del mese sidereo, percorrere un angolo corrispondente sulla sua orbita (ciò richiede oltre 2 giorni e 12 ore).
  • Il moto di rotazione della Luna intorno al proprio asse avviene nello stesso senso della rotazione terrestre (cioè da ovest a est) e, ciò che è più interessante, ha la stessa durata (circa 27 giorni e un terzo) del periodo di rivoluzione (siderea) intorno alla Terra; di conseguenza, la Luna volge verso la Terra sempre la stessa faccia, cioè lo stesso emisfero (il lato nascosto della Luna si è potuto osservare solo grazie alle missioni spaziali).
  • Il moto di traslazione si compie nello stesso senso e con la stessa velocità con cui la Terra effettua il suo moto di rivoluzione intorno al Sole. Rispetto al Sole, la curva descritta dalla Luna non è più un’ellisse, ma una traiettoria complessa detta epicicloide (una sorta di ovale sinuoso che taglia l’orbita terrestre in più punti a intervalli regolari).
  • Altri movimenti della Luna sono le librazioni. Sono leggere oscillazioni (od ondeggiamenti) che subisce la parte visibile della Luna come conseguenza delle caratteristiche dei suoi moti di rotazione e rivoluzione intorno alla Terra: come risultato, la porzione di superficie lunare effettivamente osservabile dal nostro pianeta è superiore al 50% (corrispondente all’emisfero che è sempre rivolto verso la Terra); in effetti, ci è possibile scorgere circa il 58% della superficie lunare. Ciò è dovuto, in particolare, a due circostanze:

  • l’asse di rotazione della Luna è inclinato (di oltre 6°) rispetto al piano della sua orbita, per cui dalla Terra noi vediamo alternativamente, nel corso della rivoluzione lunare, un po’ più del suo emisfero settentrionale e un po’ più del suo emisfero meridionale (librazione in latitudine)

  • mentre la Luna ruota intorno al proprio asse con velocità uniforme, nel moto di rivoluzione, con traiettoria ellittica, la velocità al perigeo è maggiore di quella posseduta all’apogeo (2 a legge di Keplero) e ciò permette di “sbirciare” qualcosa in più, sia verso est, sia verso ovest (librazione in longitudine).

Animazione della Luna vista attraverso le sue fasi. L'oscillazione apparente della Luna rappresenta la librazione

Le fasi lunari

Nel corso della sua rivoluzione intorno alla Terra, la Luna splende di luce solare riflessa e perciò può essere illuminata solo la metà lunare rivolta al Sole; tuttavia, eccetto che per breve tempo nel corso di ogni mese, la metà illuminata non è la stessa che sta di fronte alla Terra, ma cambia ogni giorno, passando, nel corso di circa due settimane, da una condizione di totale oscurità a una condizione di totale illuminazione; nelle due settimane successive avviene il contrario. Questi cambiamenti giornalieri nell’aspetto della Luna, vista da un osservatore terrestre, sono chiamati fasi lunari. Con il termine Luna nuova (o novilunio) si indica il momento in cui essa si trova in congiunzione, cioè tra il Sole e la Terra. Durante il novilunio la Luna non è visibile, perché ci mostra tutta la metà in ombra; inoltre, sorge e tramonta contemporaneamente al Sole. Successivamente entra in fase crescente: sulla Terra è visibile dapprima una sottile fascia luminosa a forma di falce, con convessità a ovest (“gobba a ponente”), che si amplia gradualmente fino a raggiungere la fase del primo quarto, all’incirca dopo una settimana. Dalla Terra vediamo la metà occidentale della sua faccia illuminata. In questo momento la Luna è a est del Sole, nasce a mezzogiorno e tramonta a mezzanotte. Dopo un’altra settimana è Luna piena (o plenilunio): ci appare come un disco completamente illuminato ed è situata in opposizione, cioè dalla parte opposta al Sole. Sorge al tramonto e cala all’alba. Nell’ultimo quarto la Luna ci mostra nuovamente una metà del disco illuminato, ma la metà orientale. Si trova a ovest del Sole, nasce a mezzanotte e tramonta a mezzogiorno. Infine, passa per la fase calante: la Luna assume la forma di falce sempre più ridotta, ma con convessità verso est (“gobba a levante”), fino a scomparire del tutto alla vista. Si è allora tornati alla fase di Luna nuova e inizia un altro ciclo. Le fasi di Luna nuova e piena sono dette sizigie, quelle del primo e ultimo quarto quadrature.

Moto della luna durante un periodo sinodico, che è 29 d 12 h 44,0 min

Eclissi di Sole e di Luna

Quando la Luna, nel suo moto, si interpone tra il Sole e la Terra, in modo tale che si abbia un allineamento Sole-Luna-Terra, il cono d’ombra della Luna investe una parte della superficie terrestre e si verifica un’eclissi di Sole (quest’ultimo viene cioè occultato alla vista dalla Terra). Quando è la Terra a interporsi fra il Sole e la Luna, in modo che si abbia un allineamento Sole-Terra-Luna, il cono d’ombra della Terra si proietta sulla Luna e si verifica un’eclissi di Luna(la Luna, cioè, viene oscurata). Le eclissi possono essere totali o parziali: sono totali, quando il Sole è interamente coperto dalla Luna, o quando tutta la Luna è oscurata dall’ombra della Terra; sono parziali, quando l’allineamento Sole, Luna e Terra non è perfetto, per cui il cono d’ombra della Luna non copre interamente il Sole o quello della Terra non oscura completamente la Luna. La condizione perché si verifichi un’eclissi (di Sole o di Luna) è che la Luna venga a trovarsi in esatta corrispondenza (eclissi totale) o nelle vicinanze (eclissi parziale) di uno dei due nodi: se è in fase di congiunzione (novilunio), si verificherà un’eclissi di Sole; se è in fase di opposizione (plenilunio), si verifica un’eclissi di Luna. Un caso particolare è l’eclissi anulare, che avviene quando la Luna è in apogeo e il vertice del suo cono d’ombra non riesce a raggiungere la superficie terrestre. Sul disco solare si vedrà allora, proiettata centralmente, l’ombra della Luna. Poiché il disco lunare ha un diametro inferiore a quello del Sole, esso apparirà circondato da un anello brillante.

Le eclissi di Luna avvengono quando la Terra di contrappone al Sole e la Luna, mentre le eclissi di Sole avvengono quando è la Luna a contrapporsi fra il Sole e la Terra

“Luna Rossa” è un fenomeno ottico di rifrazione e di scattering di Rayleigh che si attua durante le eclissi di Luna

Anello di diamante dell'eclissi Solare dell'agosto 2017

Le maree

Le maree sono movimenti periodici di innalzamento (flusso) e abbassamento (riflusso) del livello marino, causati dall’attrazione combinata della Luna e del Sole sulla Terra (l’azione della Luna è circa 2,2 volte maggiore di quella del Sole; vedi anche riquadro). La massima altezza raggiunta dal livello del mare prende il nome di alta marea, mentre il massimo abbassamento di livello è detto bassa marea. Fra questi due estremi è calcolata l’ampiezza di marea, modesta nei mari chiusi (1-2 m), più ampia negli oceani (per esempio, 15 m lungo le coste dell’Europa atlantica, 20 m nella baia di Fundy, in Canada). Per la combinazione del moto rotatorio della Terra intorno al proprio asse e del moto orbitale della Luna, quest’ultima impiega 24 ore e 50 minuti a compiere un giro completo intorno alla Terra. Di conseguenza, in ogni punto delle superfici marine dovrebbero, in media, alternarsi teoricamente un flusso e un riflusso ogni 6 ore, 12 minuti, 30 secondi, cioè due alte maree e due basse maree nell’arco di 24 ore e 50 minuti. In pratica, il movimento delle maree non può verificarsi in modo regolare per una serie di motivi, tra cui, principalmente, la distribuzione irregolare degli oceani, l’inerzia delle acque, l’attrito esercitato su di esse dal fondo marino e la natura frastagliata delle coste. Tutto ciò provoca un ritardo nella propagazione del flusso (e del riflusso) e quindi nel raggiungimento del livello di alta marea (o bassa marea). Questo ritardo, variabile da luogo a luogo, viene chiamato ora di porto. Le linee che su una carta congiungono i punti delle coste in cui l’alta marea si verifica contemporaneamente sono chiamate linee cotidali.

Mont Saint-Michel, luogo famoso per l'eccezionale ampiezza delle maree e per la loro rapidità nel crescere

Perché si verificano le maree

La spiegazione del fenomeno delle maree è legata alla legge di gravitazione universale, che afferma che due corpi si attraggono con una forza che è direttamente proporzionale al prodotto delle loro masse e inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. L’analisi, basata sulla teoria statica delle maree proposta da I. Newton, è molto schematizzata e spiega solo le caratteristiche principali del complesso fenomeno delle maree. Si considerino sulla Terra, coperta da uno strato uniforme di acqua, due punti opposti, P e P’, e che Terra e Luna siano costituenti di uno stesso sistema, che ruota attorno al Sole rispetto a un asse immaginario passante per il baricentro (posizionato in G dalla stessa parte della Luna): questo moto genera una forza centrifuga, tanto maggiore quanto più ci si allontana dall’asse di rotazione (figura sotto). Le forze in gioco sono l’attrazione gravitazionale e la forza centrifuga. I punti del meridiano su cui transita la Luna sono soggetti a un’attrazione gravitazionale elevata (perché la Luna è più vicina) e a una forza centrifuga di minore entità (baricentro vicino): le due forze si sommano, provocando un innalzamento delle acque (P). Dalla parte opposta, invece, l’attrazione lunare è minore, perché la Luna è più lontana, ma la forza centrifuga è molto grande e la somma delle due forze determina ancora un sollevamento delle acque (P’). Nei punti posti a 90° rispetto all’allineamento Terra-Luna, la somma delle forze in gioco dà, invece, una forza diretta verso il centro della Terra, che determina una bassa marea. Sul sistema Terra-Luna considerato fino a ora agisce anche la forza gravitazionale operata dal Sole. Se Luna e Sole, a causa dei loro moti, si vengono a trovare allineati dalla stessa parte rispetto alla Terra, oppure c’è allineamento Luna-Terra-Sole, la forza gravitazionale dovuta alle due masse sarà ancora più pronunciata (marea viva). Se, invece, Sole e Luna formano con la Terra 90° (primo e ultimo quarto), l’attrazione solare annulla in parte quella lunare e perciò le maree hanno un’ampiezza minima (marea morta).