6. Il pianeta Terra

La Terra non è una sfera perfetta, ma è leggermente schiacciata ai poli e rigonfia all’equatore: la figura che meglio la rappresenta è il geoide. Essa compie due movimenti principali, di rotazione e rivoluzione, che, insieme all’inclinazione del suo asse, sono responsabili dell’alternarsi del e della notte, della loro diversa durata nei vari periodi dell’anno, del succedersi delle stagioni e della presenza sul pianeta delle zone climatiche astronomiche.

La forma della Terra

Già alcuni secoli prima di Cristo i pensatori greci erano giunti alla conclusione che la Terra, contrariamente a un’opinione allora comune, non era piatta, ma aveva forma sferica. Varie sono le prove indirette a favore della sfericità della Terra; tra queste ne segnaliamo due. Guardando una nave che prende il largo, questa sembra affondare, cioè scompare prima lo scafo e infine le vele; se la Terra fosse piatta, si osserverebbe che la nave, allontanandosi, diventa sempre più piccola, ma comunque la si vedrebbe sempre tutta intera. Un’altra prova della sfericità della Terra si basa sull’osservazione delle stelle. Supponiamo che due osservatori, in luoghi diversi del pianeta, osservino alla stessa ora una stessa stella: se la Terra fosse piana, l’astro apparirebbe alla stessa altezza sull’orizzonte; invece, a causa della curvatura della superficie terrestre, la sua posizione viene valutata ad altezze diverse in funzione della latitudine a cui si trovano gli osservatori. In realtà, la Terra non è perfettamente sferica, ma presenta un sensibile rigonfiamento lungo la fascia equatoriale e uno schiacciamento in corrispondenza delle regioni polari (si tratta comunque di uno schiacciamento minimo: il raggio equatoriale supera quello polare di circa 21 km); possiamo in prima approssimazione paragonare la forma della Terra a quella di un ellissoide di rotazione, solido che si genera facendo ruotare un’ellisse attorno al suo asse minore. Abbiamo detto in prima approssimazione perché, in effetti, a causa della disomogenea distribuzione del materiale all’interno della Terra e della presenza di rilievi e depressioni sulla sua superficie, non si può ricondurre con precisione la sua forma a un ellissoide, bensì a un geoide, cioè a un solido ideale in cui la superficie è perpendicolare in ogni suo punto alla direzione del filo a piombo (se la Terra fosse costituita da materiali omogenei, l’ellissoide e il geoide dovrebbero coincidere); rispetto all’ellissoide di riferimento, il geoide non si discosta, comunque, in nessun punto per una distanza maggiore di 200 m.

Le dimensioni della Terra

Fin dall’antichità si cercarono di determinare le dimensioni del nostro pianeta ricorrendo a metodi semplici, che condussero comunque a risultati molto vicini a quelli ottenuti più recentemente con l’uso di strumenti assai sofisticati. La misura della circonferenza della Terra è stata rilevata abbastanza esattamente nel 240 a.C. dal grande geografo greco Eratostene di Cirene, utilizzando alcune informazioni e qualche formula di geometria. Eratostene venne a conoscenza del fatto che nella città di Siene (in Egitto, oggi Assuan) esisteva un pozzo, nel fondo del quale una volta all’anno, il 21 giugno, a mezzogiorno si specchiava il Sole (ciò significava che in quel particolare momento il Sole era sulla verticale del luogo). Invece, ad Alessandria, che si trovava a nord di Siene, nello stesso giorno e nella stessa ora il Sole risultava inclinato rispetto alla verticale del luogo. Eratostene misurò ad Alessandria la distanza angolare del Sole dallo zenit (cioè l’angolo α fra la direzione del sole e la verticale) e trovò che era un cinquantesimo di angolo giro (360°), cioè poco più di 7°, valore che corrisponde anche alla distanza angolare, α’, tra Alessandria e Siene. Conoscendo la distanza lineare tra le due città, circa 5000 stadi, con una semplice proporzione (360° : α # circonferenza terrestre : distanza Alessandria-Siene), stabilì quindi che la Terra dovesse essere una sfera con una circonferenza di circa 257 mila stadi, corrispondenti a 39.375 km. Se consideriamo che il valore reale della circonferenza terrestre lungo un meridiano, misurato oggi con tecniche estremamente sofisticate e precise, è pari a 40.009 km, possiamo ritenere più che accettabile il risultato ottenuto da Eratostene. Grazie a strumenti assai perfezionati, montati a bordo di satelliti artificiali in orbita intorno alla Terra, si sono ottenute misure molto precise delle caratteristiche del nostro pianeta.

Caratteristiche principali della Terra.
Caratteristica Valore
raggio equatoriale (Re) 6378 km
raggio polare (Rp) 6357 km
massa 5,98 × 1027 g
volume 1,083 × 1027 cm3
densità 5,52 g/cm3
gravità superficiale 9,98 m/s2
velocità di fuga 11,2 km/s
schiacciamento (Re-Rp)/Re 0,0034
superficie totale 5,1 × 108 km2
superficie delle terre emerse 1,49 × 108 km2
superficie degli oceani 3,61 × 108 km2
altitudine media delle terre emerse 840 m
profondità media degli oceani 3900 m

Mappa di Eratostene

L’orientamento

Orientarsi significa letteralmente “trovare l’oriente”, cioè il punto in cui nasce il Sole (dal latino oriri, nascere) e, in senso più ampio, sapere in quale direzione spostarsi per raggiungere un determinato luogo. Le tecniche d’orientamento più semplici consistono nell’individuare punti di riferimento identificabili in qualsiasi località, in modo da non perdersi neppure in luoghi completamente sconosciuti. Questi punti di riferimento, utilizzati fin dall’antichità, sono i quattro punti cardinali (Nord, Sud, Est e Ovest), individuati sulla linea dell’orizzonte, cioè la linea lungo la quale la Terra e il mare sembrano incontrare il cielo; l’Est (E) è il punto da cui sorge il Sole, il Sud (S) si trova nella direzione del Sole a mezzogiorno, cioè quando il Sole è più alto nel cielo, l’Ovest (O o W) è quello in cui il Sole tramonta, e il Nord (N) nella direzione opposta al Sud o, comunque, in quella della Stella Polare. Più precisamente, l’Est e l’Ovest corrispondono ai due punti sulla linea dell’orizzonte in cui il Sole, rispettivamente, sorge e tramonta nei giorni degli equinozi. Le direzioni Nord-Sud ed Est-Ovest sono tra loro perpendicolari, per cui, individuato un solo punto cardinale, è possibile determinare facilmente la posizione degli altri tre.

Orientarsi con la bussola

La bussola è uno strumento costituito da un quadrante, su cui sono evidenziati i quattro punti cardinali e altri punti intermedi (N-E, N-O, S-E ecc., che nel loro insieme costituiscono la rosa dei venti), e da un ago di acciaio calamitato, girevole su un perno centrale che lo sostiene, che ha la proprietà di allinearsi al campo magnetico terrestre secondo la direzione N-S e di indicare dunque, con una delle sue punte, la direzione del nord magnetico del nostro pianeta. Una volta individuato il Nord, il Sud si trova dalla parte opposta, l’Est alla nostra destra e l’Ovest alla nostra sinistra.

Orientarsi con il Sole

È possibile orientarsi con il Sole seguendo il moto apparente che esso compie nel cielo, descrivendo un arco dall’alba al tramonto. Il punto in cui sorge il Sole indica l’Est e quello in cui tramonta l’Ovest. Per trovare il Sud per mezzo del Sole a qualsiasi ora del giorno, si può utilizzare un orologio con le lancette: si dispone l’orologio in piano con il quadrante verso l’alto; l’orologio verrà poi fatto ruotare finché la lancetta delle ore punti verso il Sole. Tenendo l’orologio in questa posizione, la bisettrice dell’angolo formato dalla lancetta delle ore e dalla linea congiungente il centro dell’orologio e la cifra 12 sul quadrante, indica la direzione del Sud (ciò vale soltanto per l’emisfero settentrionale).

Orientarsi con le stelle

Di notte, nell’emisfero settentrionale è possibile orientarsi con la Stella Polare, che indica a qualsiasi ora esattamente il Nord. La Stella Polare ha la particolarità di mantenere la stessa posizione nel cielo per tutta la notte (è infatti allineata con l’asse di rotazione terrestre), a differenza di tutte le altre stelle, che apparentemente le ruotano lentamente intorno. Per localizzare la Stella Polare, poco appariscente, bisogna prima individuare la costellazione di cui fa parte, detta Orsa Minore, o Piccolo Carro, con l’aiuto della costellazione vicina (Orsa Maggiore, o Grande Carro), facilmente riconoscibile. Nell’emisfero meridionale, dove la Stella Polare non è visibile, si fa riferimento alla Croce del Sud, formata da quattro stelle che costituiscono i vertici di una croce: il punto di intersezione dei bracci della croce indica sempre il Sud.

I riferimenti sulla superficie terrestre

Per fissare univocamente un punto su una superficie sferica (per esempio, volta celeste, superficie terrestre), è necessario utilizzare sistemi di riferimento adeguati, che permettano la definizione di sistemi di coordinate. Per il nostro pianeta, si è fissato un sistema di riferimento immaginando di tracciare sulla superficie terrestre delle circonferenze, i meridiani e i paralleli, che nel loro insieme costituiscono il reticolato geografico.

Meridiani e paralleli

I meridiani (dal latino meridies, mezzogiorno) sono cerchi massimi passanti per i poli, che si ottengono immaginando di intersecare la Terra con infiniti piani passanti per l’asse terrestre: si determinano così sulla superficie terrestre infinite circonferenze immaginarie, tutte uguali, ciascuna della lunghezza di circa 40.000 km, dette circoli meridiani. Ciascuno di essi viene diviso dai poli in due semicirconferenze, dette meridiano e antimeridiano. Pur essendo infiniti, per convenzione si prendono in esame solo 360 meridiani geografici, distanti uno dall’altro un arco di ampiezza pari a 1°. I paralleli sono cerchi immaginari risultanti dall’intersezione della superficie terrestre con infiniti piani paralleli tra loro e perpendicolari all’asse terrestre. Si determinano così infinite circonferenze immaginarie, la cui lunghezza diminuisce (da circa 40 000 a 0 km) procedendo dall’Equatore (cerchio massimo, ottenuto intersecando la superficie terrestre con un piano perpendicolare all’asse terrestre e passante per il centro della Terra), verso i poli, in cui l’intersezione è rappresentata da un punto. Oltre all’Equatore, anche ad altri paralleli sono stati assegnati nomi particolari: si tratta dei due circoli polari, Artico e Antartico, e dei due Tropici, del Cancro e del Capricorno, rispettivamente a N e a S dell’Equatore.

Reticolato geografico

I meridiani e i paralleli si intersecano secondo angoli retti e, nel loro insieme, formano il reticolato geografico, cioè una rete immaginaria che avvolge la superficie terrestre con maglie a forma di trapezio sferico (tranne quelle triangolari tra l’ultimo parallelo e il polo). Come in tutti i sistemi di coordinate, è necessario fissare dei riferimenti; come meridiano di riferimento è stato scelto il meridiano di Greenwich, che passa per l’osservatorio astronomico situato nell’omonima località presso Londra, detto anche meridiano fondamentale. L’antimeridiano corrispondente, o meridiano 180°, passa per l’Oceano Pacifico. Nelle carte topografiche italiane, il meridiano di riferimento è quello passante per l’osservatorio di Monte Mario (Roma). Il parallelo di riferimento è l’Equatore, che divide la Terra in due emisferi: quello boreale, compreso tra l’Equatore e il polo Nord, e quello australe tra l’Equatore e il polo Sud.

Le coordinate geografiche

La posizione assoluta di un luogo sulla superficie terrestre risulta esattamente determinata conoscendo le sue coordinate geografiche: la latitudine, la longitudine e l’altitudine. La latitudine (φ) di un punto corrisponde alla sua distanza angolare dall’Equatore e si misura in gradi e frazioni di grado sul meridiano che passa per quel punto. La latitudine può essere compresa tra 0° e 90° Nord, se il punto si trova a nord dell’equatore, e tra 0° e 90° Sud, se il punto si trova a sud dell’equatore. Tutti i punti che si trovano sull’equatore hanno latitudine 0°. La longitudine (λ) di un punto corrisponde alla sua distanza angolare dal meridiano fondamentale e si misura in gradi e frazioni di grado sul parallelo che passa per quel punto. La longitudine può essere compresa tra 0° e 180° Est (se il punto si trova a est del meridiano fondamentale) e tra 0° e 180° Ovest (se il punto si trova a ovest del meridiano fondamentale). Tutti i punti che si trovano sul meridiano fondamentale hanno longitudine 0°. L’altitudine di un punto è la distanza verticale del punto dal livello medio del mare, assunto come superficie di riferimento.

Longitudine e latitudine

I movimenti terrestri

La Terra e tutti i pianeti ruotano, contemporaneamente, intorno al proprio asse e intorno al Sole. Oltre ai moti di rotazione e rivoluzione, di cui possiamo facilmente renderci conto poiché essi sono la causa di fenomeni osservabili da tutti, la Terra compie altri movimenti, detti moti millenari, le cui conseguenze non ci sono altrettanto familiari.

Il moto di rotazione

La Terra compie un moto di rotazione intorno al proprio asse, da ovest verso est, cioè in senso inverso all’apparente moto diurno del Sole e della sfera celeste. La durata del moto di rotazione è detta giorno e il suo valore dipende dal sistema di riferimento utilizzato. Il giorno sidereo (tempo che intercorre fra due passaggi successivi di una stella su un dato luogo della superficie terrestre) è di 23h 56m 4s, mentre il giorno solare (tempo che intercorre fra due passaggi successivi del Sole alla sua massima altezza sull’orizzonte di un dato luogo) è più lungo di 3m 56s e dura 24 ore. Tutti i punti della Terra compiono una rotazione completa di 360° in un giorno, con velocità angolare costante a tutte le latitudini, a eccezione dei poli, dove la velocità angolare è zero. Al contrario, la velocità lineare, cioè la distanza percorsa da un punto nell’unità di tempo, varia molto con la latitudine, a seconda della lunghezza della circonferenza descritta da un punto durante la rotazione (la velocità lineare è perciò massima all’Equatore e nulla ai poli). La prima prova diretta della rotazione terrestre fu conseguita nel 1792, quando l’astronomo italiano G.B. Guglielmini misurò uno spostamento di 17 mm verso est, rispetto alla verticale, di un oggetto lasciato cadere liberamente da un’altezza di 100 m: questo fatto si può spiegare ammettendo la rotazione terrestre da ovest verso est. Infatti, poiché il corpo partecipa alla rotazione terrestre, lanciato da una certa quota esso mantiene per inerzia la velocità iniziale di rotazione, che è superiore rispetto a quella del punto in cui cade (essendo questo più vicino all’asse terrestre). Nel 1851 il fisico francese J.L. Foucault (1819-1868) offrì con un suo famoso esperimento una prova diretta della rotazione terrestre. Egli attaccò alla cupola del Panthéon di Parigi un pendolo costituito da un filo d’acciaio lungo circa 67 m, a cui era appesa una pesante palla di cannone, terminante con una punta, e sotto il pendolo stese un sottile strato di sabbia; quindi mise in moto il pendolo secondo la direzione nord-sud. È noto dalle leggi della fisica che il piano di oscillazione di un pendolo libero di muoversi rimane fisso nello spazio; ora, le tracce lasciate dalla punta del pendolo sulla sabbia, durante le sue oscillazioni, indicavano uno spostamento apparente del piano di oscillazione: poiché il pendolo, per ipotesi, non poteva avere cambiato la sua posizione, si doveva ammettere che era il piano sottostante il pendolo, cioè la superficie terrestre, a ruotare.

La Rotazione terrestre sul proprio asse provoca il moto apparente della volta celeste

Il moto di rivoluzione

La Terra compie un moto di rivoluzione attorno al Sole in senso antiorario (immaginando di osservare il moto dal polo Nord celeste), secondo un’orbita ellittica poco schiacciata (l’eccentricità dell’orbita, data dal rapporto tra la distanza del Sole dal centro dell’ellisse e il semiasse maggiore, è di 0,017; in una circonferenza l’eccentricità è invece uguale a zero). Ricordando la prima legge di Keplero, la distanza massima della Terra dal Sole (afelio) è di 152 milioni di km, mentre la minima (perielio) è di 147 milioni di km (in media 149,6 milioni di km). Il percorso viene effettuato con velocità diverse (seconda legge di Keplero): al perielio la velocità è pari a 30,3 km/sec, mentre scende a 29,3 km/sec all’afelio. La durata del moto di rivoluzione è detta anno e assume valori diversi a seconda del riferimento utilizzato. L’anno solare (tempo che intercorre fra due successivi passaggi del Sole allo zenit dello stesso tropico) è di 365g 5h 48m, circa 20 minuti più breve dell’anno sidereo (tempo che intercorre fra due successivi ritorni del Sole nella stessa posizione rispetto alle stelle), che è di 365g 6h 9m. Una dimostrazione del moto di rivoluzione terrestre fa riferimento all’effetto Doppler; misurando la frequenza delle onde luminose provenienti da una stella, si rileva infatti che, durante una parte dell’anno, la Terra si avvicina alla stella, mentre sei mesi dopo se ne allontana. Una prova diretta della rivoluzione terrestre è fornita dall’aberrazione della luce proveniente dalle stelle. Quando da Terra osserviamo una stella con un telescopio, ne vediamo la luce provenire da una direzione che non è quella reale, ma spostata rispetto a essa di un piccolo angolo, detto angolo di aberrazione, il cui valore varia al variare della velocità con cui la Terra compie il moto di rivoluzione; ciò è dovuto al fatto che, mentre la luce percorre la distanza tra l’obiettivo e l’oculare del telescopio, la Terra compie un piccolo spostamento lungo la sua orbita intorno al Sole.

Moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole: notare come la stella occupi uno dei fuochi dell’orbita ellissoidale e di come la Terra acceleri mano a mano che vi si avvicini (perielio)

I moti millenari

Oltre ai moti di rotazione e di rivoluzione, la Terra compie movimenti detti millenari, perché i loro effetti si manifestano solo nel corso di millenni; questi moti sono dovuti all’attrazione gravitazionale che soprattutto il Sole e la Luna, ma anche altri corpi del sistema solare, esercitano sul nostro pianeta (va anche segnalato che la Terra partecipa con tutto il sistema solare al moto di traslazione intorno al centro della Galassia, il cui effetto consiste in un apparente spostamento del sistema solare verso la costellazione di Ercole).

Moto di precessione

Per effetto dell’attrazione esercitata dal Sole e dalla Luna, l’asse terrestre non si mantiene sempre parallelo a se stesso, ma, molto lentamente nel corso dei millenni, tende a diventare perpendicolare al piano dell’eclittica; la rotazione della Terra si oppone a questo cambiamento e tende a mantenere costante la posizione dell’asse: il risultato dell’azione di queste due forze è un moto, detto precessione lunisolare, in cui l’asse terrestre descrive un doppio cono intorno all’asse dell’eclittica, con il vertice nel centro della Terra. A questo moto, che ha un periodo di 26.000 anni, si deve la precessione degli equinozi, cioè un’anticipazione dei momenti in cui, ogni anno, si verificano gli equinozi. Infatti, il cambiamento di direzione dell’asse terrestre comporta lo spostamento nello spazio dell’equatore celeste; quindi varia anche l’intersezione fra il piano dell’equatore celeste e quello dell’eclittica, intersezione che corrisponde alla linea degli equinozi. Poiché il moto conico dell’asse terrestre avviene in senso antiorario, anche la linea degli equinozi si muove in questo senso, che risulta contrario (moto retrogrado) al movimento della Terra sulla sua orbita. Perciò, ogni anno gli equinozi si verificano con un anticipo di circa 20 minuti rispetto all’anno precedente. Un’altra conseguenza del moto di precessione è che l’asse terrestre, nel corso del tempo, non continuerà a puntare verso la Stella Polare, come avviene ora, ma, quando l’asse avrà percorso circa metà giro, il suo prolungamento indicherà la stella Vega, nella costellazione della Lira.

La precessione degli equinozi

Nutazioni

L’attrazione gravitazionale, esercitata dal Sole e dalla Luna durante il moto di precessione, dipende dalle distanze relative tra Sole, Luna e Terra; ma, poiché anche queste variano di continuo, nel moto di precessione si notano piccole oscillazioni periodiche (con periodi di circa 19 anni) dette nutazioni (dal latino nutare, vacillare, inclinare). In conseguenza di queste oscillazioni, i poli non descrivono linee perfettamente circolari, ma leggermente ondulate.

Variazione di eccentricità

La variazione di eccentricità dell’orbita terrestre comporta deformazioni dell’orbita stessa, che tende ad accorciarsi (eccentricità minore) e ad allungarsi (eccentricità maggiore). Anche tale fenomeno è dovuto all’attrazione gravitazionale esercitata dal Sole e dagli altri pianeti del sistema solare e ha un periodo di 92 000 anni.

Variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre

La variazione dell’inclinazione dell’asse terrestre rispetto alla verticale al piano dell’orbita è molto lenta e ha un periodo di 40.000 anni. Attualmente l’asse terrestre è inclinato di 23°27’ rispetto alla verticale del piano dell’eclittica, ma questo angolo può variare da un massimo di 24°36’ a un minimo di 21°58’. Poiché dall’inclinazione dell’asse terrestre dipendono le stagioni, questa variazione influenza le differenze climatiche fra le stagioni nel corso dei millenni.

Precessione, nutazione e rotazione della Terra

Conseguenze dei moti della Terra

I moti di rotazione e di rivoluzione della Terra sono responsabili di alcuni fenomeni facilmente osservabili da tutti:

  • l’alternarsi del dì e della notte
  • la diversa durata del dì e della notte
  • il succedersi delle stagioni

L’alternarsi del dì e della notte

Il moto di rotazione terrestre, che si compie nell’arco di 24 ore, periodo a cui si dà il nome di giorno solare, provoca l’alternarsi del (periodo di luce) e della notte (periodo di buio). I raggi del Sole arrivano sulla Terra paralleli fra loro e, a causa della sfericità terrestre, in ogni momento illuminano solo la metà della superficie terrestre rivolta verso il Sole (dì), mentre l’altra metà è al buio (notte). Il circolo massimo che divide la parte rischiarata da quella in ombra è detta circolo di illuminazione e si sposta continuamente durante il moto di rotazione. Il passaggio dal dì alla notte avviene gradualmente, per la presenza intorno alla Terra dell’atmosfera, che diffonde, riflette e rifrange la luce solare: si originano così l’alba (periodo durante il quale la luce del Sole comincia a diffondersi prima che esso sia visibile sopra l’orizzonte) e il crepuscolo (periodo durante il quale la luce diminuisce d’intensità dopo che il Sole è sceso sotto l’orizzonte).

La diversa durata del dì e della notte

Se l’asse terrestre fosse perpendicolare al piano dell’orbita, il circolo d’illuminazione passerebbe sempre per i poli e taglierebbe esattamente in due parti uguali tutti i paralleli; quindi, per tutto l’anno e in ogni punto della Terra, il dì e la notte avrebbero la stessa durata, cioè 12 ore ciascuno. Ma, poiché l’asse terrestre è inclinato di 66° 33’ sul piano dell’orbita, e inoltre si mantiene parallelo a se stesso durante il moto di rivoluzione intorno al Sole, nel corso dell’anno il circolo d’illuminazione non passa sempre per i poli e ciò determina la diversa durata del dì e della notte e anche, come si vedrà di seguito, l’alternarsi delle stagioni. Il 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, il polo Nord è rivolto verso il Sole e il circolo d’illuminazione, tangente ai circoli polari Artico e Antartico, taglia a metà l’equatore; nell’emisfero boreale la superficie illuminata è maggiore di quella in ombra e si hanno il dì più lungo e la notte più corta dell’anno (nell’emisfero australe si hanno, invece la notte più lunga e il dì più corto). Nella zona compresa tra il Circolo Polare Artico e il polo Nord, in questo giorno il sole non tramonta e il dì dura 24 ore. Il 21 dicembre, giorno del solstizio d’inverno, è invece il polo Sud a essere rivolto verso il Sole, perciò nell’emisfero boreale la superficie illuminata è minore di quella in ombra: si hanno il dì più corto e la notte più lunga dell’anno (l’opposto avviene nell’emisfero australe). Nella zona compresa tra il Circolo Polare Artico e il polo Nord, in questo giorno il Sole non sorge e la notte dura 24 ore. Tra il 21 giugno e il 21 dicembre, nell’emisfero boreale progressivamente il dì si accorcia e la notte si allunga, mentre tra il 21 dicembre e il 21 giugno si allunga il dì e si accorcia la notte (l’opposto avviene nell’emisfero australe). In due soli giorni dell’anno, il 21 marzo, equinozio di primavera, e il 23 settembre, equinozio d’autunno, il dì e la notte hanno la stessa durata in tutti i punti della Terra. Ciò accade perché nessuno dei due poli è inclinato verso il Sole: il circolo d’illuminazione passa per i poli, taglia a metà tutti i paralleli e le condizioni di illuminazione sono uguali in entrambi gli emisferi. Solo all’equatore, dunque, il dì e la notte hanno la stessa durata per tutto l’anno.

Un'immagine artificiale, dove si può vedere il movimento apparente del sole, con le conseguenze sul panorama

Il succedersi delle stagioni

A causa dell’inclinazione dell’asse terrestre, nel corso dell’anno non varia solo la durata del dì e della notte, ma anche l’inclinazione con cui i raggi solari giungono sulla superficie terrestre e quindi il riscaldamento che ne deriva; più precisamente, il riscaldamento è massimo quando i raggi solari formano un angolo retto con il piano tangente alla superficie terrestre in un punto, mentre è minore se il valore di questo angolo si riduce: a ciò si deve dunque l’alternarsi di periodi caldi e periodi freddi, cioè il succedersi delle stagioni. Nell’emisfero boreale:

  • la primavera dura dal 21 marzo al 21 giugno. Il 21 marzo il sole culmina (i raggi solari giungono perpendicolari) sull’equatore; l’energia solare trasmessa è massima all’equatore e diminuisce procedendo verso i poli. Il flusso di energia si modifica nel tempo avvicinandosi al solstizio estivo
  • l’estate dura dal 21 giugno al 23 settembre. Nel solstizio estivo l’energia trasmessa è massima al Tropico del Cancro (i raggi sono perpendicolari a questo parallelo); il polo Nord è illuminato, mentre il polo Sud è in ombra (il flusso energetico è maggiore nell’emisfero boreale rispetto a quello australe)
  • l’autunno dura dal 23 settembre al 21 dicembre. Nell’equinozio autunnale si ripetono le condizioni di quello primaverile, che si modificano via via che si avvicina il solstizio invernale
  • l’inverno dura dal 21 dicembre al 21 marzo. Al solstizio invernale l’energia trasmessa è massima al Tropico del Capricorno, dove i raggi, a mezzogiorno, sono perpendicolari sull’orizzonte. Il polo Sud è illuminato, mentre il polo Nord è in ombra (il flusso energetico è maggiore nell’emisfero australe rispetto a quello boreale)

Le stagioni astronomiche non coincidono del tutto con le stagioni meteorologiche, cioè con il reale andamento del tempo meteorologico. Ciò è dovuto al fatto che l’atmosfera, l’idrosfera e la litosfera assorbono la radiazione solare e cedono calore con un certo ritardo, impedendo di percepire subito gli effetti sul clima dovuti alle variazioni dell’inclinazione dei raggi solari. Inoltre, a causa della variazione dell’angolo che i raggi solari formano con la superficie terrestre, con il succedersi delle stagioni varia l’altezza degli archi che il Sole sembra descrivere nel cielo durante il suo moto apparente, dall’alba al tramonto. Sulla base dell’inclinazione dei raggi solari nelle diverse stagioni astronomiche, si possono individuare sulla superficie terrestre differenti zone astronomiche, caratterizzate da specifiche condizioni climatiche.

Equinozi e solsisti.
Emisfero boreale Emisfero australe Durata
primavera autunno 21 marzo - 21 giugno
estate inverno 21 giugno - 23 settembre
autunno primavera 23 settembre - 21 dicembre
inverno estate 21 dicembre - 21 marzo

Il moto di rivoluzione causa la successione delle stagioni

Le zone astronomiche

In base alla diversa inclinazione dei raggi solari sulla superficie terrestre nel corso dell’anno, su di essa si possono distinguere diverse zone astronomiche, caratterizzate da diverse condizioni di riscaldamento.

  • Zona torrida: compresa tra il Tropico del Cancro e quello del Capricorno. Il Sole passa sulla verticale di tutti i punti compresi in questa zona due volte all’anno (una sola volta sui tropici): durante gli equinozi sull’equatore, in momenti diversi sugli altri punti (una volta prima e una volta dopo il solstizio estivo sui punti compresi tra l’equatore e il Tropico del Cancro, una volta prima e una volta dopo il solstizio invernale sui punti compresi tra l’equatore e il Tropico del Capricorno, a maggior distanza di tempo dai solstizi quanto più il punto considerato è vicino all’equatore). In questa zona la temperatura si mantiene alta per quasi tutto l’anno, perciò in essa non si registrano notevoli differenze tra le stagioni.
  • Zona temperata boreale: fra il Tropico del Cancro e il Circolo Polare Artico. La massima altezza raggiunta dal Sole nel giorno del solstizio estivo varia da 90° al tropico a 46°54’ al circolo polare. Il giorno del solstizio invernale, in questa zona il Sole non si leva all’orizzonte.
  • Zona temperata australe: fra il Tropico del Capricorno e il Circolo Polare Antartico. La massima altezza raggiunta dal Sole nel solstizio invernale varia da 90° al tropico sino a 46°54’ al circolo polare. Il giorno del solstizio estivo, in questa zona il Sole non si leva all’orizzonte. Nelle due zone temperate, il riscaldamento varia notevolmente nel corso dell’anno e in esse le differenze tra le stagioni sono nette.
  • Calotta polare artica: a nord del Circolo Polare Artico. Al polo Nord, dall’equinozio di autunno a quello di primavera, il Sole si mantiene sempre sotto l’orizzonte: è la notte polare, periodo che dura sei mesi. Nel solstizio estivo l’altezza massima raggiunta dal Sole è di 23°27’.
  • Calotta polare antartica: a sud del Circolo Polare Antartico. La massima altezza raggiunta dal Sole durante il solstizio estivo varia da 46°54’ al circolo polare fino a 23°27’ al polo. Al polo Sud, dall’equinozio di primavera sino a quello autunnale, il Sole si mantiene sotto l’orizzonte. Poiché nelle zone polari il Sole è basso sull’orizzonte o, in alcuni periodi, addirittura sotto l’orizzonte, esse ricevono minor energia solare e la temperatura si mantiene bassa per tutto l’anno.

Le zone climatiche