8. I materiali della crosta terrestre

La materia è costituita da atomi di diversi elementi, sostanze semplici che si distinguono tra loro per il differente numero atomico e che possono combinarsi per formare vari composti. In natura, la materia si presenta in diversi stati di aggregazione: solido, liquido e gassoso. I minerali e le rocce, sostanze allo stato solido, sono i componenti della crosta terrestre e il loro studio tramite la mineralogia e la petrografia ci permette di acquisire le basi per la comprensione dei vari fenomeni geologici.

Sostanze, elementi e composti

Tutto ciò di cui siamo fatti e che ci circonda, da un semplice sasso all’intera crosta terrestre, è materia e risulta dall’aggregazione di piccolissime unità costitutive, dette atomi, formate a loro volta da particelle di dimensioni ancora inferiori, protoni, neutroni ed elettroni. In natura esistono 92 tipi di atomi differenti e, dalle loro svariate combinazioni attraverso reciproche forze attrattive dette legami chimici, si originano le sostanze, tipi di materia che presentano determinate caratteristiche fisiche e una precisa composizione chimica. Una sostanza costituita da atomi dello stesso tipo è un elemento chimico (detto anche sostanza elementare); per esempio, il diamante è formato da atomi di carbonio, il ferro da atomi di ferro, il sodio da atomi di sodio ecc. Possiamo allora definire atomo la più piccola parte di un elemento che ne conserva tutte le caratteristiche e che rimane inalterata nelle reazioni chimiche. Una sostanza formata da due o più atomi di elementi differenti è un composto chimico (o sostanza composta). I composti si suddividono in due grandi categorie: composti inorganici, costituenti la crosta terrestre (acqua, aria, minerali, rocce), e composti organici, presenti soprattutto negli organismi viventi (e che da essi vengono prodotti). Talvolta, negli elementi e nei composti sono individuabili unità costitutive capaci di esistenza autonoma, dette molecole, formate da uno o più atomi uguali (negli elementi) o da due o più atomi diversi (nei composti). Le sostanze che hanno questa caratteristica sono dette aggregati molecolari (tali sono la maggior parte delle sostanze gassose e liquide e una parte delle sostanze solide). Negli aggregati molecolari i legami sono di tipo covalente. Non sempre, tuttavia, lo stabilirsi di legami chimici tra atomi porta alla formazione di molecole. Tra le sostanze solide sono infatti abbastanza frequenti gli aggregati cristallini ionici, dove i legami chimici (di tipo ionico) interessano un numero imprecisabile di ioni, disposti secondo una struttura ordinata che si ripete regolarmente nello spazio, detta reticolo cristallino (non sono individuabili molecole vere e proprie, perché i legami ionici sono estesi all’intero edificio cristallino). Sostanze di questo tipo, dette anche composti ionici, sono caratteristiche dei minerali costituenti le rocce che formano la crosta terrestre.

Atomi, isotopi, ioni e legami chimici

Gli atomi sono costituiti da tre tipi fondamentali di particelle subatomiche: protoni, con carica positiva unitaria; neutroni, elettricamente neutri, con massa leggermente maggiore rispetto a quella dei protoni; elettroni, con carica negativa unitaria e massa piccolissima (circa 11840 di quella del protone). In condizioni normali, gli atomi sono elettricamente neutri, perché il numero dei protoni è esattamente bilanciato da quello degli elettroni. Neutroni e protoni sono riuniti in un nucleo centrale; gli elettroni si muovono intorno al nucleo in regioni dello spazio dette orbitali, raggruppati in strati (o livelli energetici) a diverse distanze dal nucleo. Gli atomi di ogni elemento sono caratterizzati da due numeri:

Numero atomico (A):: pari al numero di protoni presenti nel nucleo (dal quale dipendono le particolari caratteristiche fisiche e di reattività chimica dell’elemento) Numero di massa (Z):: pari alla somma del numero di neutroni e protoni presenti nel nucleo. Per convenzione, il numero atomico è indicato dal deponente e il numero di massa dall’esponente, scritti alla sinistra del simbolo chimico.

Numero (A) e massa atomica (Z)

Per gli atomi di uno stesso elemento, resta fisso il numero dei protoni, ma può variare quello dei neutroni: sono detti isotopi gli atomi di uno stesso elemento aventi lo stesso numero atomico, ma diverso numero di massa, poiché diverso è il numero dei neutroni presenti nel nucleo. Nella tavola periodica, gli isotopi (dal greco ísos, uguale, e topos, luogo) occupano la stessa posizione. Molti sono gli elementi che possiedono due o più isotopi. L’idrogeno, per esempio, ha tre isotopi: prozio, deuterio e tritio; nel loro nucleo è presente un protone e, rispettivamente, nessuno, uno o due neutroni. Il carbonio ha sei isotopi: 10C, 11C, 12C, 13C, 14C e 15C, con sei protoni e, rispettivamente, quattro, cinque, sei, sette, otto e nove neutroni. Gli isotopi vengono distinti in stabili e instabili: in questi ultimi il nucleo, instabile, tende a raggiungere la stabilità emettendo radiazioni e l’isotopo si trasforma in un altro isotopo dello stesso elemento o in un isotopo di un elemento differente, dando luogo al fenomeno della radioattività naturale (per questo motivo gli isotopi instabili sono detti isotopi radioattivi, o radioisotopi). In particolari condizioni, gli atomi possono perdere o acquistare elettroni, trasformandosi in ioni. Se un atomo perde elettroni, le cariche positive risultano in eccesso rispetto a quelle positive e diviene uno ione positivo (catione); se invece acquista elettroni, le cariche negative prevalgono ed esso viene detto ione negativo (anione). Gli elettroni dello strato o livello più esterno degli atomi di un elemento (detti elettroni di valenza) ne determinano il comportamento chimico, in quanto sono quelli che entrano in gioco quando gli atomi di quell’elemento si uniscono tra loro o con atomi differenti, per mezzo di legami chimici. Prendono il nome di legami chimici le unioni tra atomi in cui intervengono forze attrattive tra nuclei ed elettroni di valenza. I due tipi fondamentali di legame chimico sono il legame covalente e il legame ionico. Il legame covalente si forma tra atomi di uno stesso elemento, o di elementi differenti, che mettono in comune uno o più coppie di elettroni di valenza. Il legame ionico si forma tra gli atomi di due elementi differenti tra i quali è avvenuto uno scambio di elettroni: un atomo cede uno o più elettroni e diventa uno ione positivo, l’altro acquista elettroni e diventa uno ione negativo. Il legame ionico è un’attrazione di natura elettrostatica che si stabilisce tra due ioni di carica opposta.

Gli stati di aggregazione della materia

In natura la materia può presentarsi in tre diversi stati di aggregazione, solido, liquido e gassoso, a seconda dell’intensità delle forze di attrazione fra le particelle (ioni, atomi o molecole) che la formano. Nelle sostanze allo stato solido, le forze di attrazione fra le particelle sono elevatissime, tanto da mantenere queste ultime in posizioni fisse: in alcuni solidi le particelle sono disposte regolarmente, secondo uno schema geometrico caratteristico (reticolo cristallino) e si parla allora di solido cristallino; in altri le particelle non sono disposte regolarmente e i solidi si dicono amorfi. Tra le particelle vengono esercitate delle forze, dette forze di coesione, che, data la loro intensità, conferiscono alla materia rigidità e compattezza. I solidi possiedono pertanto un volume e una forma propria e sono incomprimibili. Nelle sostanze allo stato liquido, l’intensità delle forze di attrazione tra le particelle è minore; queste ultime possono muoversi scorrendo le une sulle altre e cambiando continuamente posizione. Perciò, i liquidi possiedono un volume proprio, ma non una forma propria, che viene loro invece conferita dal recipiente che li contiene. Nelle sostanze allo stato gassoso, le forze di attrazione fra le particelle sono praticamente trascurabili, per cui queste ultime possiedono una mobilità elevatissima, che tende a far occupare loro tutto lo spazio disponibile. Pertanto, le sostanze gassose non hanno forma né volume propri e sono comprimibili.

Stati della materia

La tavola periodica degli elementi

Fu il chimico russo Dmitrij Mendeleev (1834-1907) che per primo, nel 1869, cercò di riordinare gli elementi chimici allora noti in una tavola, detta tavola di Mendeleev, disponendoli in ordine crescente di peso atomico; egli riuscì inoltre a prevedere l’esistenza di elementi allora sconosciuti. Tutti gli elementi chimici oggi noti sono stati ordinati per numero atomico crescente (anziché per peso atomico), in una tavola, detta tavola periodica degli elementi, o sistema periodico, molto simile a quella proposta da Mendeleev. Essa mette in evidenza come le proprietà chimiche e fisiche degli elementi variano in modo periodico al variare del loro numero atomico: si ha, cioè, il ripetersi di proprietà simili a intervalli regolari e ciò è dovuto alla distribuzione degli elettroni negli orbitali più esterni degli atomi. Nel sistema periodico, gli elementi sono ordinati in 7 righe orizzontali, dette periodi (numerati da 1 a 7), e in 16 colonne verticali, dette gruppi (numerati da I A a VIII A e da I B a VIII B). I gruppi riuniscono elementi con comportamento chimico affine (avendo lo stesso numero di elettroni di valenza). Alcuni dei gruppi A hanno denominazioni proprie: I A, metalli alcalini; II A, metalli alcalino-terrosi; VI A, calcogeni; VII A, alogeni; VIII A, gas nobili. Gli elementi dei gruppi B sono detti di transizione. Una linea più marcata separa, nella tavola periodica, gli elementi con caratteristiche metalliche (posti a sinistra della linea) da quelli con caratteristiche non metalliche (a destra della linea); alcuni elementi adiacenti alla linea possiedono caratteristiche intermedie (semimetalli). In natura i metalli sono tutti solidi (tranne il mercurio liquido), sono buoni conduttori di calore e di elettricità, sono lucenti, duttili e malleabili. I non metalli hanno caratteristiche isolanti: quelli solidi sono fragili, ma fra essi si trovano anche elementi allo stato gassoso e solo uno liquido, il bromo.

I minerali

Con il termine minerale si indica una sostanza elementare o un composto inorganico di origine naturale, generalmente allo stato solido cristallino, formato da atomi di uno o più elementi chimici, presenti proporzioni ben definite, la cui composizione è esprimibile attraverso una formula chimica e caratterizzati da proprietà fisiche ben definite. Attualmente si conoscono più di 2000 minerali, ma sono meno di una ventina quelli che si possono considerare abbondanti. Altri minerali, invece, non sono particolarmente rari, ma si rinvengono dispersi entro le rocce in concentrazioni assai basse. A seconda del loro interesse economico, può essere conveniente ricercare i luoghi in cui essi, grazie a condizioni favorevoli, si sono concentrati naturalmente (giacimenti), o anche procedere alla loro concentrazione artificiale, separandoli dal resto della roccia. La scienza che si occupa dello studio di questi materiali della crosta terrestre è la mineralogia; la struttura cristallina dei minerali è oggetto di studio della cristallografia.

Minerale di serandite (rosso) e analcime (bianco)

Il reticolo cristallino

Per la particolare bellezza di alcuni esemplari, i minerali hanno sempre incuriosito l’uomo, stimolandone la fantasia. Per esempio, gli antichi pensavano che il quarzo ialino, trasparente e incolore, minerale composto da silicio e ossigeno (SiO2), fosse formato da ghiaccio così compresso da non poter più essere fuso e trasformato in acqua. In seguito, anche quando si scoprì che in realtà il quarzo è un minerale, il nome “cristallo”, che significa “congelato”, continuò a essere usato e fu anzi esteso a tutti i solidi naturali le cui particelle elementari hanno una disposizione spaziale ordinata e regolare. La struttura spaziale ordinata dei costituenti di un cristallo prende il nome di reticolo cristallino. Quest’ultimo può essere pensato come formato dalla ripetizione, sempre uguale nelle tre direzioni dello spazio, di un’unità strutturale detta cella elementare, avente una forma geometrica semplice (per esempio, cubo o parallelepipedo). Ogni cella elementare è caratterizzata dalla lunghezza degli spigoli a, b, e c, paralleli a tre assi di riferimento, x, y e z, e dal valore degli angoli α (alfa), β (beta) e γ (gamma), individuati, coppia a coppia, dai tre spigoli (costanti cristallografiche). In base alla lunghezza degli spigoli e al valore degli angoli, si individuano 14 diversi tipi di celle elementari, che vengono riunite in 3 diversi gruppi, monometrico, dimetrico e trimetrico, suddivisi in sette sistemi cristallini.

Proprietà fisiche dei minerali

Tra le numerose proprietà fisiche dei minerali, ne consideriamo alcune utili per la loro identificazione: forma dei cristalli, sfaldatura, frattura, lucentezza, colore, durezza e peso specifico. Durante la formazione dei cristalli, processo detto cristallizzazione, si verifica il graduale accumularsi di particelle (ioni, atomi o molecole) intorno a raggruppamenti ordinati di dimensioni submicroscopiche, detti nucleidi cristallizzazione. Nella maggior parte dei casi, i cristalli dei minerali più comuni sono di piccole dimensioni (pochi millimetri) e hanno forme esterne estremamente irregolari, dette grani. Solo in condizioni particolarmente favorevoli, cioè quando esiste spazio sufficiente perché i singoli individui possano accrescersi liberamente, il cristallo assume la forma geometrica caratteristica, cioè l’abito cristallino. Spesso, i cristalli di una stessa specie mineralogica non si presentano isolati, ma in associazione di cristalli, che nell’insieme assumono forme particolarmente caratteristiche. Le associazioni più note sono i geminati, in cui si osserva la compenetrazione di due o più individui, e ciò dimostra che essi sono “concresciuti”, cioè alcune parti del reticolo cristallino sono in comune ai cristalli (due o più) che formano il geminato. La sfaldatura è la naturale tendenza di un minerale, quando viene spezzato, a rompersi secondo direzioni preferenziali, in genere superfici piane che corrispondono alle direzioni lungo le quali si trovano i legami più deboli tra ioni o atomi nella struttura del cristallo; le miche (minerali silicatici), per esempio, si sfaldano in sottili lamine piane.

Gruppi e sistemi cristallini: cubici (1-3), tetragonali (4,5), ortorombici (6-9), monoclino (10, 11), triclino (12), romboedrico (13), esagonale (14)

La frattura indica la tendenza dei minerali a spezzarsi irregolarmente, in modo casuale. Se la superficie di frattura appare liscia e incurvata, si parla di frattura concoide, tipica dell’opale e di alcune rocce di origine vulcanica (ossidiana), ma la maggior parte dei minerali possiede un tipo di fatturazione irregolare. La lucentezza indica lo splendore superficiale del minerale e dipende dal modo in cui la sua superficie riflette la luce. Si distingue in lucentezza metallica, simile a quella offerta da una superficie di un metallo lucidato, e non metallica, quando può essere descritta facendo riferimento ad altre sostanze: si parla, per esempio, di lucentezza vitrea, adamantina, perlacea, sericea o resinosa; i minerali che non manifestano alcuna lucentezza si dicono terrosi. Il colore è una caratteristica molto evidente, ma non altrettanto indicativa per il riconoscimento. È dovuto alla composizione chimica; tuttavia, spesso lo stesso minerale può presentarsi con colorazioni anche molto diverse in funzione della presenza o assenza di impurità, cioè altri elementi chimici, presenti, per esempio, in forma di inclusioni gassose o liquide. Si definisce durezza la resistenza che un minerale oppone a essere scalfito; si tratta di una proprietà legata alle forze di coesione che “tengono unite” tra loro le particelle del cristallo: maggiore è l’intensità di questa forza, più elevato è il grado di durezza del minerale. È una proprietà relativa, che viene determinata empiricamente scalfendo un minerale di durezza sconosciuta con uno di durezza nota. La scala di Mohs, ideata dal mineralogista viennese F. Mohs (1773-1830), indica la durezza di un minerale con un numero compreso tra 1 (minerale più tenero) e 10 (minerale più duro). In essa, un minerale di una certa durezza viene scalfito da quello di durezza superiore e a sua volta scalfisce tutti quelli di durezza inferiore. Si dicono teneri i minerali con durezza 1 (come il talco) e 2 (come il gesso), che sono scalfibili con un’unghia; semiduri quelli con durezza compresa tra 3 e 5, che sono scalfibili con una punta d’acciaio; duri quelli con durezze comprese tra 6 e 10, non scalfibili da una punta d’acciaio. La durezza dei minerali non è la stessa su tutte le facce del cristallo; di solito, però, la variazione risulta molto bassa e quindi trascurabile. Il peso specifico esprime il rapporto fra il peso di un dato volume del minerale e il peso di un uguale volume di acqua distillata a 4 °C. Il peso specifico dei minerali varia da 1 a 23, ma per la gran parte di essi il valore oscilla tra 2,6-2,7; alcuni minerali metallici possiedono peso specifico 2 o 3 volte maggiore.

Scala di Mohs.
Durezza Minerale
1 talco
2 gesso
3 calcite
4 fluorite
5 apatite
6 ortoclasio
7 quarzo
8 topazio
9 corindone
10 diamante

Classificazione dei minerali

Non tutti i minerali sono ugualmente frequenti in natura: le specie dei minerali comuni, che formano i costituenti fondamentali delle rocce, sono relativamente poche; gran parte delle specie conosciute è, invece, assai rara, o perché in esse sono presenti elementi chimici scarsamente diffusi in natura, o perché raramente si realizzano le condizioni adatte alla loro formazione. A costituire la maggior parte dei minerali concorrono, in pratica, soltanto otto elementi, i quali rappresentano oltre il 98% (in peso) della crosta terrestre. I due elementi più abbondanti sono il silicio e l’ossigeno, che da soli formano il 74,3% in peso sul totale degli elementi presenti sulla Terra. In base alla loro composizione chimica, i minerali vengono classificati in otto gruppi; a eccezione degli elementi nativi, il nome degli altri gruppi fa riferimento al tipo di ione negativo (anione) in essi presente.

  • Elementi nativi:: Sono così chiamati i minerali formati da un solo elemento chimico, che in natura si trovano da soli, non combinati con altri elementi (per esempio, rame, oro, zolfo, diamante e grafite, entrambi formati da carbonio).
  • Solfuri:: In questi minerali lo ione S2- (solfuro) è combinato con diversi ioni positivi; molti minerali di questo gruppo sono importanti per l’estrazione di metalli: per esempio, la galena, PbS (estrazione di piombo) e la blenda, ZnS (estrazione di zinco).
  • Alogenuri:: Vengono così chiamati i minerali in cui lo ione negativo è rappresentato da un alogeno (elementi del gruppo VII A nella tavola periodica); comprendono i cloruri (contenenti l’alogeno cloro), tra cui ricordiamo il salgemma, NaCl, il comune sale da cucina.
  • Ossidi:: In questo gruppo lo ione negativo è rappresentato dall’ossigeno, O2-, combinato con diversi ioni positivi. Essi rappresentano il gruppo più importante per la produzione di alcuni metalli, tra cui il ferro (estratto dai minerali ematite, Fe2O3, e magnetite, Fe3O4).
  • Carbonati:: Lo ione (CO3)2-, carbonato, si combina con diversi ioni positivi: alcuni rappresentanti di questo gruppo sono la calcite (carbonato di calcio, CaCO3) e la dolomite, carbonato doppio di calcio e magnesio, CaMg(CO3)2. I carbonati costituiscono un gruppo di minerali molto importante, poiché sono i costituenti fondamentali di rocce sedimentarie, calcaree e dolomitiche. La loro presenza nelle rocce è facilmente riconoscibile con l’acido cloridrico: una goccia di acido cloridrico diluito, lasciato cadere su una roccia che contiene carbonati, sviluppa effervescenza, poiché si libera il gas anidride carbonica.
  • Solfati:: Contengono lo ione (SO4)2-, solfato, combinato con diversi ioni positivi. Tra essi ricordiamo il gesso (solfato di calcio idrato, CaSO4 · 2H2O), che si forma per precipitazione chimica a seguito dell’evaporazione dell’acqua in zone di mare chiuso o in laghi salati.
  • Fosfati:: Gruppo di minerali che contiene lo ione (PO4)3-, fosfato, combinato con diversi ioni positivi. Costituiscono un gruppo di minerali usati per la produzione di fertilizzanti; il più importante è l’apatite, Ca5(PO4)3(F,Cl,OH)
Esempi di minerali

Rame nativo

Galena (solfuro)

Halite (alogenuro)

Ematite (ossido)

Calcite (carbonite)




Rosa del deserto di gesso (solfato)

Apatite (fostafo)

Cianite

Gli elementi della crosta terrestre.
Elemento Percentuale approssimativa
in peso
ossigeno (O) 46.6
silicio (Si) 27.7
alluminio (Al) 8.1
ferro (Fe) 5.0
calcio (Ca) 3.6
sodio (Na) 2.8
potassio (K) 2.6
magnesio (Mg) 2.1

Silicati

I silicati da soli rappresentano il 92% in volume della crosta terrestre. In tutti i silicati l’edificio cristallino fondamentale rappresentato da un tetraedro (SiO4)4-, con al centro uno ione silicio (Si4) legato a 4 ioni ossigeno (O2-) posti ai vertici.

A seconda di come i tetraedri sono disposti nel reticolo cristallino, si distinguono nesosilicati, sorosilicati, inosilicati, fillosilicati e tectosilicati.

  • Il nome dei nesosilicati deriva dal greco nésos, isola, in quanto i tetraedri (SiO4)4- sono isolati e tra loro legati da ioni metallici. Fa parte dei nesosilicati l’olivina, un silicato di ferro e magnesio: i tetraedri di silicio e ossigeno si presentano isolati e le cariche negative in eccesso dello ione silicato, (SiO4)4-, sono bilanciate da ioni positivi come ferro (Fe2) e magnesio (Mg2): la sua struttura risulta compatta e a elevata densità. Si riconosce per il colore verde scuro; la frattura è irregolare.
  • Il nome dei sorosilicati deriva dal greco sorós, mucchio, in quanto i tetraedri sono uniti per i vertici e formano un gruppo chiuso ad anello e ioni metallici collegano tra loro diversi gruppi di tetraedri; appartiene a questo gruppo il berillo, (Be3Al2Si6O18), utilizzato come gemma nella varietà acquamarina.
  • Nei ciclosilicati i tetraedri sono uniti a formare anelli triangolari, quadrangolari o esagonali, o doppi anelli esagonali, che includono il berillo e la tormalina.
  • Negli inosilicati i tetraedri sono uniti a formare delle catene (in greco inós, catena), che possono essere singole o doppie; importanti rappresentanti di questo gruppo sono gli anfiboli e i pirosseni, che formano individui prismatici, con una struttura lineare allungata legata da ioni metallici (di magnesio, ferro, calcio e alluminio).
  • Nei fillosilicati i tetraedri sono uniti a formare uno strato (in greco fíllon, foglia); di essi fanno parte le miche e i minerali delle argille, la cui struttura è appiattita, lamellare, atta a formare strati continui che si dispongono paralleli tra loro e possono essere facilmente separati l’uno dall’altro.
  • Il nome dei tectosilicati deriva dal greco tectoniché, architettura; sono uniti tra loro per i quattro vertici e formano strutture tridimensionali: ne sono esempi il quarzo e i feldspati
    • Il quarzo è formato soltanto da silicio e ossigeno. Ogni tetraedro mette in comune quattro atomi di ossigeno con i tetraedri vicini, formando una struttura continua tridimensionale. Si distingue dagli altri minerali per il suo aspetto vetroso, traslucido, e si frattura in modo irregolare.
    • Se in una configurazione tridimensionale di tetraedri (come quella del quarzo) qualche ione Si4 viene sostituito da uno ione alluminio (Al3), si genera la struttura dei feldspati. La sostituzione di ioni silicio con ioni di alluminio introduce uno squilibrio di cariche, che verrà riequilibrato con altri ioni metallici. Se l’equilibrio viene stabilito tramite ioni potassio, si genera il feldspato potassico, od ortoclasio; se interviene lo ione sodio o lo ione calcio si ottengono i plagioclasi. Infine, i silicati si possono distinguere in sialici e femici.
  • I silicati sialici (dalle iniziali degli elementi presenti, silicio e alluminio) sono minerali chiari e relativamente leggeri, a differenza dei silicati femici (dalle iniziali di ferro e magnesio), che possiedono colore scuro e una maggiore densità.

Tipi di silicati

La formazione dei minerali

Il processo di formazione dei minerali è detto minerogenesi e può avvenire secondo quattro modalità diverse. Nella minerogenesi magmatica i minerali si formano per solidificazione dei componenti liquidi del magma (massa fluida e incandescente presente all’interno della Terra), conseguente al suo raffreddamento mentre risale in superficie; il passaggio da liquido a solido cristallino avviene in tempi e a temperature diverse. In questo modo si forma, per esempio, il quarzo. Nella minerogenesi per sublimazione alcune sostanze aeriformi (gas e vapori) emesse nelle zone vulcaniche passano direttamente dallo stato aeriforme a quello solido cristallino per sublimazione; in questo modo si forma, per esempio, lo zolfo. Nella minerogenesi da soluzione l’acqua marina è una soluzione in cui sono disciolti numerosi sali, che si depositano se la loro concentrazione aumenta quando, in seguito all’evaporazione dell’acqua, si raggiunge il loro limite di solubilità (quantità massima di soluto che può sciogliersi in 100 g di solvente a una determinata temperatura); si originano in questo modo il gesso e il salgemma. La minerogenesi per trasformazione di altri minerali può avvenire per cambiamento della struttura cristallina di un minerale, conseguente a elevate pressioni o temperature (così il diamante può trasformarsi in grafite), o per cambiamento della composizione chimica in seguito a reazioni chimiche che portano alla perdita o all’acquisto di alcuni elementi: per esempio, dal gesso (CaSO4 · 2H2O) può originarsi lo zolfo (S).

Diversi tipi di minerogenesi.

M. magmatica

M. per sublimazione

M. da soluzione

M. per trasformazione

Le rocce

Raramente i minerali si trovano isolati sulla crosta terrestre; più spesso i minerali formano aggregati, a cui si dà il nome di rocce. La maggior parte delle rocce è eterogenea, cioè composta da diversi minerali: tra questi si distinguono minerali fondamentali, presenti in maggior percentuale, e minerali accessori, che si trovano in percentuale assai modesta e non sono utili per l’identificazione della roccia; solo poche rocce sono omogenee, formate, cioè, da un unico minerale. La grande varietà di rocce presenti sulla crosta terrestre viene classificata in base all’origine, oltre che in base alla composizione mineralogica. Facendo riferimento alla loro origine, le rocce vengono suddivise in tre grandi gruppi: rocce ignee, sedimentarie e metamorfiche.

Rocce ignee, o magmatiche:: derivano dal raffreddamento e dalla solidificazione del magma, massa fluida ad altissima temperatura proveniente dall’interno della Terra e spinta verso l’esterno. Rocce sedimentarie:: si originano per sedimentazione di materiali di varia provenienza, quali frammenti derivanti dalla degradazione di tutte le rocce della crosta terrestre, resti di organismi viventi o sali disciolti nelle acque e poi precipitati in seguito a evaporazione dell’acqua. Rocce metamorfiche:: derivano dal metamorfismo, cioè una profonda trasformazione di rocce preesistenti, provocato da un aumento di temperatura e di pressione a cui le rocce vengono sottoposte in seguito ai movimenti ai quali è soggetta la crosta terrestre (movimenti tettonici). Nel corso delle ere geologiche, le rocce non si mantengono inalterate, ma subiscono continuamente l’azione di fenomeni che provocano la trasformazione di un gruppo di rocce in un altro: si compie cioè, in tempi lunghissimi, un ciclo di trasformazione delle rocce detto ciclo litogenetico.

Tipi di rocce.

Granito (roccia ignea)

Calcare (roccia sedimentaria)

Arenaria (roccia sedimentaria)

Quarzite (roccia metamorfica)

Ciclo litogenetico

Per quanto resistenti ci possano sembrare, le rocce non sono immutabili, ma in tempi lunghissimi subiscono trasformazioni che ne riciclano continuamente i materiali. L’insieme di queste trasformazioni costituisce il ciclo litogenetico. Le rocce metamorfiche e quelle ignee, a contatto con l’atmosfera terrestre, sono sottoposte all’azione erosiva da parte degli agenti esogeni (piogge, vento, escursione termica ecc.). I prodotti della loro degradazione, dopo aver subìto un’azione di trasporto a opera di vari agenti quali acque o vento, vengono deposti, per effetto della gravità, in vari ambienti, dando origine alle rocce sedimentarie. Tanto le rocce ignee quanto quelle sedimentarie, quando debbano sopportare il carico di altre masse rocciose sospinte dai movimenti tettonici della crosta terrestre, per il conseguente aumento della temperatura e della pressione, si trasformano in rocce metamorfiche. Il metamorfismo delle rocce può verificarsi anche per contatto tra qualsiasi corpo roccioso e flussi o masse magmatiche a elevata temperatura, con possibilità di una fusione parziale delle rocce (anatessi) e della formazione di un nuovo magma contenente parti ancora solide della roccia preesistente. Nella realtà, il ciclo descritto può avvenire anche solo parzialmente o con la trasformazione di una roccia in un’altra dello stesso gruppo; per esempio, la fusione di rocce ignee provoca la formazione di magma che, solidificando, dà origine ancora a rocce ignee; l’erosione di rocce sedimentarie porta alla formazione di detriti che, depositatisi, formano un nuovo tipo di roccia sedimentaria; infine, una roccia metamorfica può a sua volta subire il fenomeno del metamorfismo e dare così origine a un’altra roccia metamorfica.

Ciclo litogenetico: 1. magma 2. cristallizzazione 3. rocce ignee 4. erosione 5. sedimentazione 6. sedimenti e rocce sedimentarie 7. subduzione tettonica e metamorfismo 8. rocce metamorfiche 9. fusione